martedì 30 dicembre 2014

Nuova recensione Cineland. L'amore bugiardo - Gone Girl di David Fincher


L’amore bugiardo – Gone Girl 
di David Fincher 
con Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry 
Thriller, 149 min., USA, 2014 

Amy (Rosamund Pike) e Nick (Ben Affleck) sono giovani, belli, affiatati. Apparentemente una coppia perfetta. Dopo aver vissuto a New York si sono trasferiti in Missouri per stare vicini alla madre di Nick, gravemente malata. Insieme hanno sconfitto la crisi economica del 2009 che ha minato le loro finanze e, insieme, hanno riorganizzato la loro vita in provincia. Ma il giorno del loro quinto anniversario Amy scompare nel nulla. Nick non sembra particolarmente preoccupato ma segnala la cosa alla polizia, che in casa trova un tavolino rotto e numerose tracce di sangue. Qualche sorriso di troppo rubato dalle telecamere delle emittenti che seguono la vicenda e Nick si ritrova ben presto tra i principali sospettati

Finalmente una trama avvincente, frutto di un eccellente regista che mette da parte qualsiasi velleità letteraria lasciando campo libero all’autrice del romanzo da cui è tratta la pellicola (Gillian Flynn, L’amore bugiardo, Rizzoli, 2012). Il risultato è ottimo. Rimaniamo letteralmente incollati allo schermo per 149 minuti godendoceli singolarmente uno ad uno, con picchi di coinvolgimento che da tempo non registravamo davanti al grande schermo. La storia incentrata su una coppia invidiabile che comincia a sfaldarsi, ricostruita abilmente grazie ad un perfetto incastro tra flashback rievocati dalle pagine del diario ritrovato della moglie e vicissitudini del marito che la cerca, potrebbe far pensare alla solita tiritera ampiamente sfruttata dalla settima arte. E invece qui ci troviamo di fronte ad un’insolita, e per questo ancor più apprezzata, variazione sul tema, che si eleva addirittura rispetto alle altre recenti opere cinematografiche statunitensi sulla vita coniugale (lo spietato Revolutionary Road di Sam Mendes e To the Wonder di Terrence Malick, per citarne solo un paio). 

Ne esce uno studio metaforico che estremizza le tematiche legate al matrimonio per farsi ancor più terribilmente realistico (alla maniera ellissiana, mi verrebbe da dire), sorretto dalla bravura degli attori, della sceneggiatrice e di un regista che riesce a concentrare l’attenzione non solo sulle contraddizioni del tema ma anche sul contesto che talvolta le crea, talvolta le subisce. La scomparsa di una moglie diventa dunque un pretesto per indagare i rapporti di coppia e come vengono percepiti all’esterno: il circo mediatico si scatena (che siano vicini di casa o emittenti televisive ad esprimere un giudizio, il risultato non cambia) e la verità che viene a galla è sempre parziale, frutto di un gioco di astuzie costruito sul momento, non nel lungo periodo. 

L’unica perplessità riguarda l’atmosfera generale della pellicola. Il film parte infatti come un thriller finendo quasi per sfociare nel grottesco. Una disomogeneità che tradisce forse un riferimento ad una certa tradizione hollywoodiana (la mente corre alla Guerra dei Roses) e che, a conti fatti, fa calare un poco l’epicità dell’intera opera. 

Interessante infine constatare come l’uscita di quest’opera abbia seguito sia negli USA che in Italia di poche settimane quella dello Sciacallo (Nightcrawler, Dan Gilroy), altra inquietante riflessione sul ruolo dei mass media nella percezione della realtà. 

Voto: 4 su 5 

(Film visionato il 26 dicembre 2014)

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