Anni felici
di Daniele Luchetti
con Kim Rossi Stuart, Micaela
Ramazzotti, Martina Gedeck, Samuel Garofalo
Drammatico, 100 min., Italia, 2013
Guido
e Serena hanno due figli e vivono nella Roma degli anni
Settanta. Lui è un aspirante artista che cerca di emergere più coi modi da
maudit che attraverso le proprie capacità, lei una casalinga che crede
ciecamente nel marito e si annulla pur di non perderlo. La relaziona comincia
ad avere degli alti e bassi sempre più frequenti quando lui non riesce a
sfondare e lei realizza di non avere una propria personalità. La situazione
precipita quando Serena si allontana dal marito fedifrago e ormai fallito, con
figli al seguito, per un soggiorno in un campo femminista dove ha
una relazione con la gallerista del compagno. Al suo ritorno la coppia si
sfalda e Guido vive una fase di depressione che riuscirà ad incanalare in una
spinta creativa che lo riscatterà agli occhi dei critici. Qui il film poteva
finire e invece, attraverso le reazioni dei figli, Luchetti rimarca il fatto
che erano “anni felici ma che nessuno se ne era accorto”.
La voce fuori campo
di Dario, il figlio maggiore ormai adulto, introduce gli eventi e ci spinge ad immedesimarci in lui, a
pensare che quello che stiamo per vedere è il ricordo della sua infanzia.
Effettivamente l’intento dichiarato del regista era quello di dare vita ad un
opera sì romanzata ma dall’impianto autobiografico. E invece ciò che ne esce
non è la ricostruzione di una situazione famigliare dalla prospettiva di un
bambino, quanto una sorta di Scene da un
matrimonio “all’italiana” che si concentra ora sulle reazioni della moglie,
ora su quelle del marito, ora su quelle dei figli. Questa continua indecisione prospettica (che svuota di pathos la scena più
importante del film), unitamente alla poca distanza del regista dagli eventi
narrati, alla mancanza di soluzioni registiche degne di nota e all’assenza di
una storia sulla famiglia veramente capace di appassionare e di dire qualcosa
di più rispetto a quello che già è stato detto (non basta l’escamotage di una
storia lesbica per attualizzare e rendere accattivante la narrazione) sono
elementi che non permettono al film di decollare, nonostante l’eccellente
recitazione di Rossi Stuart e della Ramazzotti e l’ottima ricostruzione dei
costumi e degli interni (tuttavia si nota la tendenza a chiudere le
inquadrature, soprattutto negli esterni, per evitare di riprendere elementi
architettonici contemporanei). Un film
dunque poco a fuoco, come le opere del padre Guido: troppo accademiche per “rapire” l’attenzione degli spettatori,
troppo convenzionali per risultare memorabili.
Voto: 2 su 5
(Film visionato l’11
ottobre 2013)
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