Nymphomaniac (vol. I e II)
di Lars von Trier
con Charlotte
Gainsbourg, Stacy Martin, Stellan Skarsgård, Christian Slater, Uma Thurman,
Shia LaBeouf
Drammatico, 240 min., Danimarca, Germania, UK, Belgio, 2013
Joe (Gainsbourg)
è una cinquantenne che viene trovata da Saligman (Skarsgård) in un vicolo,
tumefatta. L’uomo le offre ospitalità. Lei gli racconta la propria vita di
ninfomane a partire dall’infanzia.
È sempre meglio aspettare di avere la
visione d’insieme prima di dare un giudizio su un’opera divisa in due parti. Ci
si aspetta che i temi rimasti in sospeso nella prima parte trovino un senso
alla luce degli eventi del secondo capitolo e che le conclusioni finali siano
il frutto di un percorso che si fa forte di premesse convincenti. In
Nymphomaniac rimane tutto troppo irrisolto.
Ogni capitolo in cui è organizzata
la narrazione cerca di farsi forte del rapporto antitetico tra i due protagonisti,
contrapposti come il diavolo e l’acqua santa: da una parte Joe, la narratrice ninfomane;
dall’altra Saligman, l’uditore colto che interviene con parallelismi tra ciò
che ascolta e ciò che ha letto e studiato (si va dal cristianesimo bizantino
alla storia romana per arrivare a… Freud, non l’avremmo mai detto). Uno
stratagemma che il regista utilizza per dare libero sfogo alle proprie fantasie
sessuali, che cerca di nobilitare affiancandole ad una galleria di simmetrici
riferimenti culturali (troppo spesso forzati).
Il frutto di questa operazione è
un film a conti fatti gradevole per merito di una comunque ottima tecnica
registica, che però a livello contenutistico risente della mancanza di un
adeguato approfondimento critico. Gli spunti interessanti infatti non mancano,
ma i discorsi ad essi collegati vengono spesso lasciati a metà. Ad esempio,
nella prima parte von Trier ha avuto l’occasione di sviscerare un tabù, ovvero di
trattare i rapporti di forza che intercorrono tra il sesso femminile e quello
maschile. Avrebbe potuto dare una propria interpretazione all’interdipendenza
tra i sessi, scovandone le ragioni e smascherandone le ipocrisie. Non l’ha
fatto. Del resto, mi faceva notare un mio amico, per aver detto la verità sulla
differenza tra uomo e donna Tiresia venne accecato. Von Trier non ha voluto
correre il rischio.
Ed è anche il caso della confusione, condita da un finale
disgustosamente banale, che il regista crea nella seconda parte riguardo la
vera natura e i veri proponimenti della protagonista. Dapprima ninfomane
orgogliosa di esserla, Joe si ripromette poco dopo di voler guarire dalla
propria condizione. Come se non bastasse von Trier ne ferma la discesa agli
inferi, fatta da un vortice sempre più profondo di violenza, ma solo per farle
incontrare il mondo della malavita (mancava solo quella). Altra occasione
persa. Se avesse letto di più e meglio, il regista danese avrebbe saputo che
spesso nell’arte la degenerazione sessuale è collegata ad una escalation di
violenza poi sfociata nell’autodistruzione fisica del degenerato. Come
Pasolini, per intenderci.
Von Trier ha dichiarato: “Un film dovrebbe essere un
sasso nella scarpa”. Non abbiamo avvertito neanche un granello di polvere.
Voto:
2 ½ su 5
(Film visionato il 5 e il 24 aprile 2014)