L’amore bugiardo – Gone Girl
di David Fincher
con Ben
Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry
Thriller, 149 min.,
USA, 2014
Amy (Rosamund Pike) e Nick (Ben Affleck) sono giovani, belli, affiatati.
Apparentemente una coppia perfetta. Dopo aver vissuto a New York si sono
trasferiti in Missouri per stare vicini alla madre di Nick, gravemente malata. Insieme
hanno sconfitto la crisi economica del 2009 che ha minato le loro finanze e,
insieme, hanno riorganizzato la loro vita in provincia. Ma il giorno del loro
quinto anniversario Amy scompare nel nulla. Nick non sembra particolarmente
preoccupato ma segnala la cosa alla polizia, che in casa trova un tavolino
rotto e numerose tracce di sangue. Qualche sorriso di troppo rubato dalle
telecamere delle emittenti che seguono la vicenda e Nick si ritrova ben presto
tra i principali sospettati.
Finalmente una trama avvincente, frutto di un eccellente
regista che mette da parte qualsiasi velleità letteraria lasciando campo libero
all’autrice del romanzo da cui è tratta la pellicola (Gillian Flynn, L’amore
bugiardo, Rizzoli, 2012). Il risultato è ottimo. Rimaniamo letteralmente incollati
allo schermo per 149 minuti godendoceli singolarmente uno ad uno, con picchi di
coinvolgimento che da tempo non registravamo davanti al grande schermo. La
storia incentrata su una coppia invidiabile che comincia a sfaldarsi,
ricostruita abilmente grazie ad un perfetto incastro tra flashback rievocati dalle
pagine del diario ritrovato della moglie e vicissitudini del marito che la cerca,
potrebbe far pensare alla solita tiritera ampiamente sfruttata dalla settima
arte. E invece qui ci troviamo di fronte ad un’insolita, e per questo ancor più
apprezzata, variazione sul tema, che si eleva addirittura rispetto alle altre
recenti opere cinematografiche statunitensi sulla vita coniugale (lo spietato
Revolutionary Road di Sam Mendes e To the Wonder di Terrence Malick, per
citarne solo un paio).
Ne esce uno studio metaforico che estremizza le tematiche
legate al matrimonio per farsi ancor più terribilmente realistico (alla maniera
ellissiana, mi verrebbe da dire), sorretto dalla bravura degli attori, della sceneggiatrice
e di un regista che riesce a concentrare l’attenzione non solo sulle
contraddizioni del tema ma anche sul contesto che talvolta le crea, talvolta le
subisce. La scomparsa di una moglie diventa dunque un pretesto per indagare i
rapporti di coppia e come vengono percepiti all’esterno: il circo mediatico si
scatena (che siano vicini di casa o emittenti televisive ad esprimere un
giudizio, il risultato non cambia) e la verità che viene a galla è sempre
parziale, frutto di un gioco di astuzie costruito sul momento, non nel lungo
periodo.
L’unica perplessità riguarda l’atmosfera generale della pellicola. Il
film parte infatti come un thriller finendo quasi per sfociare nel grottesco. Una
disomogeneità che tradisce forse un riferimento ad una certa tradizione
hollywoodiana (la mente corre alla Guerra dei Roses) e che, a conti fatti, fa
calare un poco l’epicità dell’intera opera.
Interessante infine constatare come
l’uscita di quest’opera abbia seguito sia negli USA che in Italia di poche
settimane quella dello Sciacallo (Nightcrawler, Dan Gilroy), altra inquietante
riflessione sul ruolo dei mass media nella percezione della realtà.
Voto: 4 su
5
(Film visionato il 26 dicembre 2014)