Il discorso del re (The King's Speech)
di Tom Hooper
con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce
Storico, 111 min., Gran Bretagna, Australia, 2010
Il cinema inglese continua a indagare le figure istituzionali del recente passato, dimostrando inoltre che si possono fare ottimi film senza fare ricorso ad artifici tecnici da baracconata destinata a maxischermi e dolby surround delle moderne sale cinematografiche. E così, dopo le debolezze della regina Elisabetta (The Queen), l’umanità di Winston Churchill (Into the Storm) e i “voltafaccia” di Tony Blair (I due presidenti), ora sta a re Giorgio VI dimostrare che, in fondo, anche un regnante ha un’anima perché può trovarsi in difficoltà.
Elegante nella sua regia, Hooper esalta e ridimensiona l’handicap del protagonista: la balbuzie. Problema accresciuto dalla vista della radio, mezzo potente e spaventoso, che cominciava a far perdere ai reali il loro alone mistico, portandoli nelle case dei loro sudditi.
Firma la riuscita sceneggiatura David Seidler, e la storia che ci sta dietro è interessante come il film. Dietro l’aplomb come stile di vita, si possono nascondere molti problemi (di cui la balbuzie è solo il più evidente). Sceneggiatura che ha anche il merito di fare capire il contesto politico, pur toccandolo superficialmente, in cui si svolge la vicenda.
Colin Firth è sublime nella parte del re (molti dicono che la balbuzie è resa meglio nella versione in lingua originale, ma anche il doppiatore italiano, Luca Biagini, se l’è cavata bene).
Candidato a 12 Oscar (troppi, su questo siamo tutti d’accordo), il film è misurato, elegante, irresistibile nel suo umorismo tutto britannico. Un dovizioso viaggio dentro i tabù della stagione e della cultura post-vittoriana. Il difetto, all’epoca interpretato come una debolezza, serve a far venire a galla le componenti repressive dell’educazione nazionale.
Voto: 4/5
(Film visionato il 29 gennaio 2011)
3 commenti:
non mi è proprio piaciuto, rappresenta un cinema classico cui sono proprio contrario e che vorrei veder scomparire.
la regia più che elegante l'ho trovata magniloquente ed enfatica in quasi ogni singola scena, manco si trattasse della più grande storia mai raccontata nell'umanità.
e davvero brutto il finale
(parere ovviamente del tutto personale)
Ma infatti ti ammiro per le tue posizioni fuori dagli schemi. Di certo non ti nascondi dietro un dito e tra una recensione conciliante e una stroncatura propendi sempre per la seconda. De gustibus non disputandum est. E infatti preferisco avere pareri come i tuoi (vedi The Box e Amabili resti) piuttosto che un asettico "hai ragione". Penso altresì, in base a tutti questi elementi, che tu sia un amante della cultura "born in the USA". (Io, invece, sono ancora ancorato alla cultura mitteleuropea).
Il film ha un certo fascino e se ha ricevuto tutte queste candidature (ok un po' troppe) ci sarà pure un motivo e poi trovo parecchio bravo Colin Firth.
Posta un commento