A proposito di Davis (Inside Llewyn Davis)
di Joel ed Ethan Coen
con Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin
Timberlake, John Goodman
Drammatico, 105 min., USA, 2013
Inverno 1961. Llewyn
Davis è un cantante folk (ispirato in parte alla figura di Dave Van Ronk) che
si sveglia tutte le mattine su un divano diverso e cerca cocciutamente di guadagnarsi
da vivere con la sua musica suonando senza particolare successo in un locale
fumoso del Greenwich Village. Effettivamente di lì a poco sarebbe esploso il
ciclone Bob Dylan. Ma se Dylan otterrà il successo, Davis si dovrà accontentare
di inseguire un gatto rosso che per colpa sua è fuggito dalla casa dell’ultimo
ad avergli dato ospitalità. Stringendo il gatto rosso in una mano e la chitarra
nell’altra, Llewyn farà i conti con la propria vita (le sue precedenti
relazioni gli riservano inaspettate sorprese) e la propria arte (la continua
mancanza di soldi e le porte chiuse in faccia) rimanendo solo, sul palco come
nella vita.
Attraverso la parabola di Llewyn, i fratelli Coen sviluppano
ulteriormente le tematiche trattate in A
Serious Man, ovvero la figura dell’ebreo errante in relazione ai temi della
scelta e della solitudine. Proprio per enfatizzare quest’ultimo aspetto, gli
autori ricorrono a due artifici. Uno tecnico, l’altro narrativo. Nel primo caso
dobbiamo menzionare la fotografia di Bruno Delbonnel (recentemente apprezzato
nel Faust di Sokurov), che almeno
nelle scene più significative opta per la rarefazione del contesto a favore di
una migliore messa a fuoco della figura del protagonista. Una scelta tecnica
che si accompagna alla costruzione circolare della narrazione, che vede il film
aprirsi e chiudersi sulla stessa scena isolando così al suo interno un momento
emblematico della vita di Llewyn e conferendo ad esso un’atemporalità straniante
che ci rimanda ad opere come Il castello
di Kafka.
E proprio come un personaggio kafkiano il protagonista si ritrova a
girare, almeno per una fase della sua vita, quasi “a vuoto”, scontando
sistematicamente la colpa di optare sempre per la strada più semplice, per l’unica
opzione che gli può dare un riscontro immediato. Forse l’incapacità di valutare
le conseguenze delle sue azioni è dovuta allo spaesamento che gli deriva dalla
morte del partner musicale. O forse è la convinzione di essere un grande
musicista che gli impedisce di scendere a compromessi, precludendosi la
possibilità di partecipare a lavori meno artistici ma sicuramente più
redditizi.
Con quest’opera i Coen ribadiscono che è inutile cercare risposte: l’imperscrutabilità
di ciò che ci riserva il futuro è totale e provoca vertigine, perché non c’è
scelta giusta o sbagliata nel presente se non quella presa con la convinzione
che possa avere le conseguenze a noi più favorevoli.
Voto: 4 su 5
(Film
visionato l’8 febbraio 2014)
3 commenti:
Adoro i fratelli Coen! Questo film mi ispira da morire... lo guarderò di sicuro! e come sempre, bellissima recensione ;)
Miss Piggy
Sì, sicuramente tra i più bei film di questo inizio di 2014. Da non perdere.
Grazie!
Ho apprezzato il tuo commento sulla circolarità. In tanti hanno parlato del protagonista, della fotografia, della musica ecc. sottovalutando quello che per me è l'aspetto più interessante della pellicola: la struttura. E' come se il film stesso fosse come una canzone folk che ripete lo stesso ritornello; e il gatto? è essenziale. E' l'unica cosa che interessa davvero al protagonista. Perchè? E perchè compare così all'improvviso? Come se "deviasse" il protagonista dal suo destino. Forse il film più enigmatico dei Coen, dopo, come citi tu, A Serious Man.
Posta un commento