The Wolf of Wall Street
di Martin Scorsese
con Leonardo
DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Matthew McConaughey, Jean Dujardin
Biografico, 179 min., USA, 2013
E’ il 1987 quando Jordan Belfort decide di
iniziare la carriera da broker a Wall Street ma al termine del praticantato,
proprio nel primo giorno di lavoro dopo aver ottenuto la licenza da broker, si
verifica quello che è passato alla storia come il “lunedì nero” delle borse.
Jordan rimane pertanto senza lavoro e, incoraggiato dalla moglie, ripiega su un
modestissimo call center che si occupa della vendita di azioni poco quotate
(penny stock) ma assicuranti un 50% delle commissioni al curatore. Grazie al
suo approccio aggressivo e agli insegnamenti maturati nella precedente
esperienza, Jordan inizia un’inarrestabile cavalcata fatta di truffe ai piccoli
risparmiatori che gli faranno guadagnare montagne di denaro subito impiegato in
prostitute, oggetti di lusso e (soprattutto) droghe.
All’inizio del XX secolo
l’impresario dei Balletti Russi Sergej Diaghilev soleva ripetere “Sorprendimi!”
ad un giovane Jean Cocteau che chiedeva consiglio su come diventare famoso. Scorsese
famoso lo è, ma sembra essersi scordato il valore che hanno per il pubblico la
novità e i colpi di scena. Certo, la
sceneggiatura è perfetta, la regia ineccepibile come la recitazione degli attori
principali (la ricostruzione del “sapore” di un’epoca un po’meno) e non mancano di certo scene spassose
che, collocate al posto giusto nello svolgimento dei fatti, rendono leggere le
tre ore di film contribuendo a conferire al tutto un’aura quasi epica.
Ma in tutta l’opera si avverte che qualcosa
manca e quel qualcosa è riconducibile alla prevedibilità della storia e alla staticità della figura del
protagonista. Un personaggio che non fa
mai scattare in noi il meccanismo dell’identificazione, vuoi perché sembra così
poco scosso da dubbi morali da farne quasi un personaggio “robotico” (così
diverso dal Bud Fox di Wall Street),
vuoi perché sin da subito si avverte che Belfort rimarrà un piccolo parassita
che si accontenta di operare nella nicchia lasciata inesplorata dalla finanza che conta per
avere l’illusione di aver vissuto il suo giorno da leone. E quel che è peggio
è che non ci esaltiamo neppure in
occasione delle scene corali (festini e orge) dal sapore tribale, un po’
perché sappiamo già cosa aspettarci,
un po’ perché basta bazzicare qualche volta Dagospia o un romanzo di Bret
Easton Ellis per vederne o leggerne di migliori.
Quello che prevale è invece un
senso di malinconia che ci accompagna
durante tutta la visione perché abbiamo la riprova di come la stagione del
disgusto nei confronti dei comportamenti sopra le righe sia definitivamente
finita e perché sappiamo ormai che di personaggi così ce ne sono sempre stati
in tutte le epoche e in tutti gli angoli della terra. Magari poteva essere
l’occasione per vedere un film senza alcun intento moralistico, con un personaggio
totalmente “perduto” al centro della scena. E invece, a cadenze quasi regolari,
Scorsese dissemina la sua opera di “grilli parlanti” (la prima moglie, il padre
e l’avvocato) che ricordano profeticamente a DiCarpio/Belfort come non si possa
vivere un’intera vita sopra le proprie possibilità. A noi sarebbe piaciuto
credere, almeno per le tre ore di durata del film, il contrario.
Voto: 3 ½ su 5
(Film visionato il 25 gennaio 2014)
1 commenti:
avrei voluto recensirlo anch'io
ma sono arrivato solo a metà, quando Jonah inghiotte un pesce (nella Bibbia è l'opposto) e guadagnano 22milioni in 3 ore vendendo le azioni dello scarpaio...
ma a quel punto mi ha chiamato un broker e mi ha proposto di comprare miniere di uranio su Marte!
ho fiutato l'affarone e sono uscito di corsa dal cinema per investire tutto il mio capitale...
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