C’era una volta a New York (The
Immigrant)
di James Gray
con Marion Cotillard, Joaquin Phoenix, Jeremy
Renner, Elena Solovey
Drammatico, 120 min., USA, 2013
1920. Ewa (Marion
Cotillard) e Magda Cybulsky partono dalla natia Polonia per raggiungere gli zii
che si sono stabiliti negli USA. Quando arrivano ad Ellis Island, i dottori
scoprono che Magda è affetta da tubercolosi e per questo la trattengono
mettendola in quarantena. Ewa, invece, viene bollata come donna di “dubbia
moralità” per un episodio accaduto sulla nave rischiando di essere espulsa dal paese. Troverà sul suo cammino Bruno
(Joaquin Phoenix), protettore e uomo di spettacolo, che grazie al suo denaro e
alle sue conoscenze riuscirà a darle una possibilità di salvezza. Ewa dovrà
scendere a compromessi con il mondo di Bruno per pagare le cure mediche alla
sorella nella flebile speranza di un futuro migliore.
Se fosse un’opera
letteraria questo film sarebbe un romanzo del XIX secolo. Uno di quei romanzi dove
la storia è tutto e dove nella
storia c’è tutto. Qualcuno, per descriverlo, ha azzardato il termine “melò” ed effettivamente
ci troviamo di fronte ad un’opera
dall’impianto narrativo classico (sia a livello di tematiche che a livello
di trattazione) dove ci sono colpi di
scena e situazioni al limite. Ma il melodramma cinematografico viene qui
attualizzato grazie al portato contenutistico dell’opera, per un risultato assolutamente
affascinante.
La trama romanzesca, insieme
all’eleganza e all’intensità delle immagini, ci riportano al cinema più bello
di Max Ophuls, non più di moda, certo, ma da sempre punto di riferimento
per i suoi perfetti movimenti di macchina e per il senso della composizione. Come
il maestro tedesco, James Gray dirige
stupendamente (bellissimi anche la ricostruzione della New York d’inizio
secolo, i costumi e la fotografia di Darius Khondji) una storia d’altri tempi scritta a quattro mani con Ric Menello dove
ciò che ci colpisce è la complessità del tema trattato (il valore della
scelta in relazione al momento e al contesto) e la caratterizzazione emotiva dei protagonisti.
Da parte sua, Phoenix conferma di essere il miglior attore hollywoodiano (e forse
mondiale) attualmente in attività, dando incredibile spessore alla figura di un
ebreo che vive di espedienti fin da ragazzo e che, per questo, sa come destreggiarsi
nello spietato mondo della New York d’inizio secolo. A differenza della sua
controparte femminile, il suo personaggio ha imparato a non conoscere imbarazzi
per raggiungere i propri scopi ma sarà anch’esso protagonista di una crescita
spirituale che culminerà nell’estremo peccato (l’omicidio) e nella ricerca
della redenzione.
Un percorso inverso a quello di Ewa, dunque, ma che si rivelerà complementare: se per salvarsi Ewa si è dovuta perdere attraverso Bruno, quest’ultimo si è invece potuto ritrovare solo grazie alla presenza di Ewa. La doppia maturazione, parallela durante lo svolgimento dei fatti, troverà un punto di incontro, per quanto solo momentaneo, in occasione dello splendido monologo finale di Bruno, culminante in uno split screen che ci ricorda il valore salvifico del sacrificio.
Un percorso inverso a quello di Ewa, dunque, ma che si rivelerà complementare: se per salvarsi Ewa si è dovuta perdere attraverso Bruno, quest’ultimo si è invece potuto ritrovare solo grazie alla presenza di Ewa. La doppia maturazione, parallela durante lo svolgimento dei fatti, troverà un punto di incontro, per quanto solo momentaneo, in occasione dello splendido monologo finale di Bruno, culminante in uno split screen che ci ricorda il valore salvifico del sacrificio.
Voto: 4
su 5
(Film visionato il 22 gennaio 2014)
3 commenti:
Davvero molto interessante questa recensione! Mi hai convinta a guardarlo!!
Miss Piggy
Sono molto contento perché è un film sottovalutato e passato ingiustamente inosservato. Non te ne pentirai.
A me è piaciuto tantissimo!
Come protagonisti ha due dei miei attori preferiti e finalmente un personaggio femminile forte e non stucchevole.
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