martedì 14 febbraio 2012

La forma del cuore



Vi siete mai chiesti qual è l'origine del simbolo del cuore, segno universale di amore?
Molti pensano che esso sia semplicemente la stilizzazione dell'immagine dell'organo fisico, ma in realtà l’ipotesi più probabile è che sia ispirato alla forma di un seme, quello del silphium, in italiano silfio, una pianta selvatica estinta da due millenni, molto conosciuta e apprezzata dagli antichi per le sue eccezionali proprietà mediche.

Il silfio curava varie malattie, oltre ad essere usato largamente come contraccettivo e per questo era molto richiesto ed utilizzato.
Nell'antichità questa pianta cresceva unicamente in una ristrettissima zona costiera dell'attuale Libia, lunga circa 200 km e larga 55 e inoltre, essendo refrattaria ad ogni genere di trapianto, poteva essere solo raccolta, non coltivata e per questo il suo commercio rimase sempre monopolio della città di Cirene, tanto che l'immagine del seme venne fatta anche imprimere sulle monete.

Dopo aver fatto la fortuna del territorio per circa 700 anni, il silfio alla fine si estinse, divenendo la prima pianta a scomparire a causa dello sfruttamento umano. L'invio dell'ultima derrata di silphium, destinata all'imperatore Nerone, viene testimoniata da Plinio.

Una diversa interpretazione è quella della Chiesa cattolica, secondo la quale il simbolo avrebbe origine dalla visione di Santa Margherita Maria Alacoque, alla quale nel 1600 apparve in sogno il Sacro Cuore di Gesù circondato da spine.
Sicuramente l’evento religioso diede popolarità alla forma del cuore, che cominciò a essere replicata su vetrate e immagini sacre, ma essa era certamente già conosciuta.

Aristotele
infatti parlò del cuore umano come di un organo composto da tre camere, arrotondato in cima e con una punta rivolta verso il basso. Da questa approssimativa descrizione gli artisti medievali potrebbero avere desunto l'immagine stilizzata del cuore che oggi ci è diventata familiare.

Del resto una forma molto simile a quella attuale si intravede in una pittura rupestre realizzata in epoca preistorica sulla parete di una grotta spagnola dove, all'interno della sagoma di un mammut, è stata disegnata una figura arrotondata proprio nel punto in cui doveva trovarsi il cuore dell'animale.

Per documenti storiografici sul silfio clicca qui
Per il carme 7 di Catullo, dove si parla del silfio di Cirene (lasarpiciferis Cyrenis) clicca qui
Per l'articolo di Slate del 2006 sull'argomento vai qui

venerdì 3 febbraio 2012

Nuova recensione Cineland. Le idi di marzo di G. Clooney

Le idi di marzo
di George Clooney
con Ryan Gosling, Evan Rachel Wood, Marisa Tomei, Paul Giamatti
Drammatico, 101 min., Usa, 2011

Breve premessa
"È tardi è tardi è tardi". In questo periodo, tra tesi e lavoro, mi sento un po’ come il Bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie. Pertanto eccovi, per forza di cose, una recensione flash che più flash non si può.

Trama
(Per il riassunto vedere la pagina Wikipedia del film o quella miriade di blog che vi propongono una recensione che altro non è che un riassunto dell’intera vicenda). In quest’opera clooneyana i colpi di scena non mancano, ma la trama sembra un filino troppo semplice e lineare. E, fidatevi, non è un pregio. È un vero peccato che il tema "comunicazione&politica", che aveva già dimostrato di essere molto affascinante (v. L’uomo nell’ombra di Roman Polanski, 2010), sia stato trattato in modo così approssimativo, quando invece avrebbe meritato di essere portato in primo piano (è proprio il caso di dirlo) e sviscerato. Dopo Good Night, and Good Luck (2005) Clooney riconferma sì di voler parlare di temi forti (qui le ipocrisie e le bugie dell’ambiente politico), ma non riesce a conferire alla pellicola quell’incisività necessaria per renderla memorabile. (E mentre sto scrivendo penso: sai che novità per noi italiani parlare delle bugie e delle nefandezze della politica!)

Recitazione 
Avevamo ormai capito che Clooney non è un attore molto versatile. Gosling, qui protagonista, è sulla stessa strada (e per questo giudizio considero anche la prova di Drive). Che poi è la stessa di tutti gli attori "monofaccia" (v. John Cusack, Christian Bale, ecc.). Paul Giamatti e Philip Seymour Hoffman, invece, impreziosiscono questo film con due piccole ma efficacissime parti secondarie. Qui mi fermo, in attesa di tempi migliori. Anche cinematografici. Certo questo film, benché buono, farà fatica a rimanere nella nostra memoria.

Voto: 2½  su 5

(Film visionato il 25 gennaio 2012)
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