Se non sono remake sono sequel. Ormai c’è poco da fare.
Questo Hallowen si distanzia allora dal primo esattamente di quarant’anni, tanto da ritrovare Laurie e Michael attempati. Detto così potrebbe sembrare grottesco. Invece la scrittura di quest’ultimo capitolo (ultimo per ora) è intelligente perché attualizza il topos dell’horror tradizionale senza stravolgerlo o modificarlo.
Stessa operazione anche a livello tecnico, con il regista che sfrutta la bellezza della messa in scena dei migliori slasher anni Settanta senza mai cadere nella tentazione di pigiare l’acceleratore sulla violenza splatter.
Tutto funziona dunque in questa operazione nostalgia che con intelligenza e un po’ di suspense ci ha tenuti ancora una volta incollati allo schermo nella notte delle streghe.
Lorenzo
Bresolin lavora nel mondo della comunicazione. I suoi video abbracciano diversi
generi: documentario, spot, video aziendale, video cartoline. È recente
l’approdo al mondo del cinema con il lungometraggio Sotto la cenere, action movie che sarà proiettato in anteprima al
The Space Barilla Center il prossimo 29 settembre (prenotazioni qui).
Riferimenti
culturali
1. Da
dove nasce il tuo amore per il cinema?
Nasce dalla necessità
di trovare un linguaggio diverso dal
solito verbale. Nella vita di tutti i giorni trovo più spontaneo e concreto
esprimere concetti ed emozioni attraverso immagini in musica. Qui il linguaggio
si trasforma in qualcosa di ricercato, ponderato e delicato, a dispetto di
qualsiasi dialogo fatto di quelle parole preconfezionate che vanno tanto di
moda oggi.
2. Quali
sono i tuoi registi di riferimento?
Non ho nomi celebri
di riferimento, sono sostenitore del cinema che non deriva dai blockbuster.
Apprezzo molto i registi inglesi minori ultimamente, alcuni lavori si possono
trovare tra le serie televisive di Netflix. Se dovessi proprio fare un nome
direi probabilmente Guy Ritchie. Tra le serie televisive di riferimento inglesi
invece ricordo sicuramente House of Cards,
Sherlock e Black Mirror. I rispettivi registi sono accomunati da un medesimo
linguaggio che mi ispira molto.
3. Quali
film annoveri tra i capolavori?
Nessuno.
4. Quali
sono i film che riguarderesti all’infinito?
Quelli che sono
realizzati in maniera oggettivamente valida e che, soprattutto, sono in grado
di trasmettere un messaggio positivo. Non ho un titolo preferito. Adoro i film d’azione. V for Vendetta ne è un buon esempio.
5. Quali
sono i gruppi e/o cantanti che ascolti abitualmente?
The Lumineers, Bruce
Springsteen, ma ascolto tanta musica diversa per esplorarla. Dopotutto ogni cantautore
ha qualcosa da trasmettere, a modo suo. Quindi spazio dal rap alla classica,
dalla trap al nu metal.
6. Quali
sono i libri e gli autori letterari che ami?
Baricco su tutti.
Scrive divinamente e a cuore aperto.
Processo
creativo
7. Da quali
idee/influenze nascono i tuoi lavori?
L’idea iniziale è la
fase più delicata, quella che non va mai trascurata anche se è la meno
“concreta”. La vita vissuta è di
sicuro la fonte più importante da cui attingere. Le scene si costruiscono da
sole se si saosservare bene.
8. Quando
trovi il tempo per scrivere il soggetto e la sceneggiatura?
Il tempo per
sviluppare l’idea va letteralmente “strappato” dagli impegni di tutti i giorni;
solitamente mi siedo su una panchina del parco sotto casa con un quaderno e,
penna alla mano, lascio vagare la mente ma mantenendo sempre fermo l’obiettivo.
9. Cortometraggio
o lungometraggio? Perché?
Fatta l’esperienza
del lungo, sceglierei il corto. In linea coi ritmi di vita di oggi, trasmettere
un messaggio in poco tempo è diventato imperativo. Curare le singole scene nei
dettagli è di gran lunga più affascinante che diluire il tutto in sessanta
minuti o più. Il corto rappresenta inoltre una sfida di sintesi.
10. Le
scene sono frutto di immaginazione o attingi da racconti ed esperienze di vita?
Sono completamente
frutto di immaginazione. Anche se l’idea di base può nascere da esperienze
reali o film visti, tutto il resto deve essere necessariamente riempito
dall’immaginazione del regista. Diversamente mancherebbe di divertimento per il
regista stesso.
11. I
personaggi sono ispirati a persone reali?
I miei personaggi
hanno delle caratteristiche che ricalcano quelle degli attori, in modo da
risultare meglio interpretabili. Quindi, nel mio caso, si può dire che i personaggi nascono da persone in carne ed
ossa.
12. Sei
incline a pensare ad ambientazioni e personaggi in un contesto comico,
drammatico o fantascientifico?
Il dramma, come il
noir, è sicuramente l’ambiente che mi rispecchia. Le ambientazioni che scelgo
sono raramente molto luminose o colorate.
13. Cosa
cerchi di comunicare? A chi?
Vorrei che il mio
pubblico fosse il più esteso possibile ma spesso mi rendo conto che in pochi
colgono i significati, più o meno nascosti, che cerco di trasmettere. Perdóno, forza d’animo e coerenza sono
i messaggi che prediligo.
Processo
realizzativo
14. Come
scegli gli attori?
Attraverso i soliti
canoni estetici ma soprattutto dal loro “modo di fare”. Come si pongono durante
un semplice colloquio e come durante un pezzo su parte; entrambe le maniere
sono ugualmente importanti.
15. In
base a cosa scegli le location?
In base all’impatto
emotivo che mi trasmettono a prima vista. Di sicuro è la fase che richiede più
tempo, un buon sfondo agli attori è una componente fondamentale.
16. Preferisci
girare in interni o in esterni?
Gli interni sono
ambienti molto protetti nei quali si possono creare situazioni di luce a
piacimento, senza che subiscano variazioni nel tempo. Ma la bellezza della
natura, come quella degli edifici illuminati dalla luce naturale, restituiscono
un impatto unico. Non ho preferenze tra i due.
17. Che
macchina da presa utilizzi? Qual è il suo maggior pregio?
Uso quello che ho. Non
ho voglia di affittare super macchine, spesso meno maneggevoli della mia. Per
trasmettere un messaggio basterebbe un cellulare; io uso Sony a7s II.
18. Qual
è il tuo movimento di macchina preferito? Quale usi più spesso?
In base alla scena, i
movimenti che scelgo sono sempre diversi, si adattano all’azione. A me piace
molto “seguire o precedere” i soggetti in movimento, quindi tutti i tipi di carrellata.
19. Com’è
organizzata una tua giornata di riprese?
Non ci sono orari o
troupe standard. Ogni volta è sempre un’avventura imprevedibile.
20. La
sceneggiatura cambia in corso d’opera?
Di sicuro non si
stravolge. Può essere soggetta a piccole variazioni, in base alle condizioni
esterne o alla sensibilità degli attori.
21. Lasci
i tuoi attori liberi di improvvisare?
Sì. Se sul momento
della ripresa alcuni attori si lasciano naturalmente trasportare dalla scena,
sono sempre ben felice di valutare la variazione alla sceneggiatura.
22. Quali
indicazioni dai più spesso ai tuoi attori?
Al di là di alcuni
movimenti del corpo nello spazio, lascio che le singole battute “entrino”
nell’attore e lascio che lavorino da sole sul tono della voce o sulle
espressioni del viso.
23. Hai
dei collaboratori?
Spesso mi avvalgo di
collaboratori per il reparto audio. Mi piace stare sempre dietro alla macchina
da presa e agire da solo sull’immagine. Sarà perché sono effettivamente
cresciuto così.
24. Quanto
è importante la musica nei tuoi film? Dove preferisci utilizzarla?
La musica è importante tanto quanto l’immagine.
Sceglierla necessita di lavoro meticoloso. Le scene che esprimono emotività hanno
bisogno del giusto tappeto musicale per enfatizzarle al meglio. Sia che si
tratti di allegria piuttosto che di tristezza, noia o movimento sfrenato,
affetto o violenza.
25. Quanto
ritieni sia importante il montaggio?
Sono abituato a
ragionare diversamente dal solito flusso di lavoro. Il montaggio per me si fa prima della fase di ripresa: attraverso
uno storyboard preciso so già come sarà il risultato ancora prima di iniziare
coi ciak. Su di esso si basa tutta la fase di ripresa. Per questo il montaggio,
per me, è molto più che importante.
Il
prodotto finito
26. Quali
canali sfrutti per diffondere le tue opere?
I social vanno per la
maggiore, ma le rassegne e i concorsi rimangono sempre vetrine insostituibili.
27. Pensi
subito di partecipare a qualche concorso o la decisone dipende soprattutto dalrisultato?
Raramente sono
soddisfatto al cento per cento dei miei lavori, altrettanto raramente partecipo
a concorsi. Sono tutti ragionamenti che faccio a lavoro finito chiaramente. Non
parto con un’idea in funzione di una call, la trovo una forzatura.
28. Hai
vinto qualche premio/riconoscimento? Con quali opere?
Cinque premi minori
con spot per call online. Per il resto non ho mai partecipato a niente.
29. Sei
soddisfatto dei tuoi lavori? Quale ti rappresenta maggiormente?
Purtroppo (o per
fortuna) sono molto puntiglioso, specialmente a lavoro finito. Spesso non c’è
possibilità di rigirare pezzi venuti poco piacevoli perciò, per pochi dettagli
a gusto mio mediocri, tendo a non presentare l’intero progetto. Tuttavia c’è
una clip a cui sono particolarmente affezionato perché rappresenta un viaggio
tra le capitali del centro Europa. Quella la rivedo spesso con piacere, per
quello che mi rievoca.
30. Progetti
futuri?
Sto scrivendo, in
collaborazione con altri, una serie. Sono ancora molto indietro, ma non voglio
forzare i tempi.
Già
dalla giovane età emergono le sue doti di disegnatore. Dopo la formazione
universitaria in Architettura, si dedica interamente al Videomaking in qualità
di regista, produttore e montatore.
Nel
2014 entra a far parte dell’agenzia di comunicazione Up Strategy con sede a
Roma e svolge svariati lavori nell’ambito video e fotografico per Maserati,
Tim, Fastweb, Tescoma, Bristol Mayers Squibb, Iquos. Lo stile dei lavori si
rende riconoscibile come un mix di spirito innovativo e rispetto delle
tradizioni, concependo le varie creazioni come opere di puro artigianato
digitale.
Attualmente
collabora con diverse produzioni, dividendosi tra mondo Corporate, Music Videos
e Short Docs di cui spesso cura sia le riprese che la post-produzione (B Studio).
Nel
2017 è autore e regista di Sotto la
Cenere, opera lungometraggio attualmente in post-produzione.
Ad
oggi sta lavorando alla produzione di un nuovo film di fiction su Parma 2020.
Il
sacrificio del cervo sacro (The Killing of a Sacred Deer)
di Yorgos Lanthimos
con Colin Farrell, Nicole Kidman, Barry Keoghan
Drammatico, Thriller, 121 min.,
USA, 2017
Un grande film, senza ombra di dubbio. Rimaniamo inizialmente
spiazzati dalla estrema pulizia formale delle immagini, da movimenti di
macchina studiati e realizzati con certosina precisione, dall’impeccabile e asettica
recitazione di tutti gli attori, da una storia crudele, spietata, violenta.
Poi,
grazie alla bravura del regista che dissemina la sua opera di indizi, ci
rendiamo conto che quello che stiamo guardando altro non è che una
trasposizione in chiave contemporanea di una massima tragedia greca, l’Ifigenia
in Eulide di Euripide, e che quindi ogni dettaglio è funzionale al pathos, alla
catarsi. E allora tutto torna, perfettamente, e si staglia dal piattume cinematografico
odierno. Chapeau!
Pietro
Medioli approda al documentario nel 2000. Fondamentale per il suo percorso
artistico è l’incontro con Werner Herzog, uno degli autori con i quali è
entrato in contatto lavorando in qualità di aiuto-regista a partire dal 1992 al
Teatro dell’Opera di Bonn.
Quartiere Pablo, ultima opera in
ordine temporale di una carriera che vanta ben 18 titoli, è una dichiarazione
d’amore nei confronti di uno dei quartieri di Parma in cui si respira tradizione
e, soprattutto, senso d’appartenenza. Questo aspetto è stato ben colto dal
pubblico, che ha riempito le storiche sale della città in occasione di ben otto
proiezioni. Un grande risultato, che impreziosisce il percorso di un autore maturo
e consapevole.
Riferimenti
culturali
1. Da dove nasce il
tuo amore per il cinema?
Credo
sia iniziato da bambino andando al cinema d’inverno, al pomeriggio, spesso con
mio nonno e talvolta con mio padre. Era l’ultimo periodo del western. Mi
stupiva soprattutto entrare con la luce
del giorno ed uscire con il buio. Poi verso i diciott’anni le rassegne
dell’Astra: ricordo quelle su Ferreri, Bergman, Fassbinder.
2. Quali sono i tuoi
registi e documentaristi di riferimento?
I
registi in generale sono tanti, difficile elencarli. Nel cinema documentario
potrò sembrare un po' retro’ ma direi Frederick Wiseman, Jorin Ivens, Vittorio
De Seta e Franco Piavoli. Poi ovviamente Herzog.
3. Quali opere
annoveri tra i capolavori?
Domanda
difficile perché sono tanti. Faccio qualche titolo: La febbre dell’oro e Luci
della ribalta di Chaplin, Il
cameraman di Keaton, La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer, Ombre
rosse di Ford, M – Il mostro di Duesseldorf di Lang, Il padrino
di Coppola, Toro scatenato di Scorsese, Paisà di Rossellini, Aguirre
Furore di Dio di Herzog, Un cittadino al di sopra di ogni sospetto
di ElioPetri. Ma tra dieci minuti
potrei farne altri 20.
4. Quali sono quelle
che riguarderesti più e più volte?
Di
sicuro quelli che ho citato. Poi Pianeta Azzurro di Piavoli, Padre
padrone dei Taviani, Ladri di biciclette e Suscià di De Sica, quasi
tutto Billy WlIder, tutto Kurosawa. Idem per Bergman e Tarkovskij. I film di
Ozu che conosco. Il problema è sempre quello, i film valgono quando si vogliono rivedere. Il più grande
complimento è quando qualcuno mi dice che ha rivisto un mio film.
5. Quali sono i
gruppi e cantanti che ascolti abitualmente?
Sento
poca musica pop o rock. Ascolto talvolta cantautori anche italiani. Di fatto
però la musica che preferisco è l’opera
e la classica di qualsiasi epoca, anche contemporanea. Per me dopo i
vent’anni è stato un po' così e questi generi hanno preso il sopravvento.
Mentre mi è sempre piaciuto il jazz.
6. Quali sono i libri
e gli autori letterari che ami?
Ho
sempre letto soprattutto i classici. Mi vanto di aver quasi finito di leggere
tutto quello che ha scritto Dostojevskij,
mentre di recente ho letto, a distanza di 25 anni, Guerra e Pace per la
seconda volta. Per quanto riguarda i contemporanei leggo Roth, Oz, Grossman,
Auster, MccCarthy. Per gli italiani sono indietro di vent’anni almeno, i nuovi
scrittori non li conosco. Da tempo però ho affiancato alla narrativa la
saggistica e i libri di storia e filosofia. Mi piacerebbe leggere un po' di
libri di scienze.
Processo
creativo
7. Perché hai scelto
come forma espressiva proprio il documentario?
Sinceramente
non saprei. Dopo la maturità mi sono iscritto a Giurisprudenza ma avevo già in
mente di fare il regista. Il cinema, alla metà degli anni Ottanta, mi sembrava
irraggiungibile e così iniziai a fare l’aiuto regista in teatro e poi in
Germania in un teatro d’opera. Feci anche le mie prime regie. Credo che di fatto sia stato Herzog a
portarmi a fare documentari. Una volta a casa sua a Monaco mi disse: “Se
non hai bisogno di costumi un film lo fai anche con diecimila marchi”. Più o
meno come dire oggi diecimila euro.
8. Da quali spunti,
idee e influenze nascono i tuoi lavori?
Credo
che di fatto fare un film diventi sempre più un incidente di percorso. Si ha
una certa idea su di un certo tema ma difficilmente poi la si realizza. Poi a
volte si verificano condizioni strane, come conoscere luoghie frequentare persone. Allora, se si vede che
c’è carne da mettere al fuoco, si indaga, si ricerca. Ci vuole tempo. Viaggiare credo aiuti molto a conoscere,
purtroppo in questi ultimi anni l’ho potuto fare molto poco.
9. Quando trovi il
tempo per delineare e definire la struttura delle tue opere?
Il
tempo per sviluppare progetti per me non è un problema enorme, per fortuna,
perché non sono un dipendente legato agli orari di un cartellino quindi, pur
dovendo lavorare, ho dei periodi più o meno lunghi che posso dedicare a quella
che ormai da anni non è più un’attività a tempo pieno.
10. Quanto è
importante documentarsi sulla tematica da trattare e sui soggetti da intervistare?
Documentarsi
è molto importante, sempre. Conoscere il
più possibile, che non vuole dire solo leggere, è fondamentale. È indispensabile
avere anche un po' di fiuto per trovare le persone “giuste”, ed io credo di
averne. Il verbo “intervistare” però lo eviterei. L’intervista è una cosa che
va bene nei servizi giornalistici o negli studi televisivi.
11. Organizzi il
lavoro per tenere il focus su un singolo tema o è importante prevedere anche
eventualidivagazioni?
All’inizio
bisogna essere, secondo me, il più
possibile aperti, direi a trecentosessanta gradi, già a partire dal tema
del film. Nel senso che si può avere uno scopo ma poi notare che non è
raggiungibile quell’obiettivo ma un altro. In filosofia si chiama “eterogenesi
dei fini”. Abbiamo una meta ma poi ci accorgiamo che a fianco ne esiste
un’altra e forse vale la pena non escluderla perché potrebbe diventare quella
da raggiungere. Non è detto migliore o più importante, ma raggiungibile. Poi
ovviamente si restringe il campo sempre più.
12. Meglio riportare
la realtà senza filtri e senza retorica o bisogna trovare il modo di far
emergere da essa laparte poetica?
Io
non credo si possa riportare la realtà “senza filtri”, credo anche poco nel
cinema-verità. Credo anzi che ci voglia invenzione proprio per avvicinare la
verità. Certo, poi è indispensabile
provocare emozione, creare situazioni e cercare immagini che provochino
emozione.
13. Cosa cerchi di
comunicare? A chi?
Cerco
di comunicare dei sentimenti, delle
sensazioni, costruire anche atmosfere; cerco anche di trasmettere un certo
grado di verità delle cose, il grado
massimo che penso di riuscire a raggiungere. A chi? Non lo so. Comunque sempre al maggior numero di persone, senza
distinzioni.
Processo
realizzativo
14. Com’è organizzata
una tua giornata di riprese?
La
organizzo in modo da avere sufficiente tempo per ragionare, preparare quello
che anche per il documentario è un set, e per poter girare una scena anche più
volte. Ma mai più di due scene al giorno.
Poi
cerco anche di tenere un po' di tempo per guardarmi intorno: c’è sempre
qualcosa che succede a due passi o a trecento metri. Si verificano spesso delle
situazioni improvvise, nuove, mentre si gira e bisogna avere gli occhi ben aperti e le orecchie tese per coglierli al
volo. A volte, insomma, si deve un po' cercare di domare il caso.
15. Quanto ritieni
siano importanti le interviste? Come le prepari?
Ragiono
su quello che deve saltar fuori e lo scrivo sempre prima, anche se poi non
corrisponderà. Poi lavoro con le persone,
cerco di capire che cosa vogliono dire ma anche che cosa possono o potrebbero
dire. Cerco sempre di creare delle situazioni, la cosa contraria
all’intervista. Le situazioni poi si sviluppano.
16. Lasci le persone
libere di divagare o cerchi, direttamente e/o indirettamente, di indirizzarle?
Inizialmente
parlo molto io, le indirizzo. Poi strada facendo le lascio sempre più libere,
me ne allontano, cerco di fare in modo
che si sentano libere di esprimersi, in un certo senso anche di divagare;
ma questo avviene solo se si sentono collocate in una situazione congeniale.
17. In base a cosa
scegli le location? Quanto sono importanti?
Sono
fondamentali i luoghi. Il termine “location” ormai lo si usa quando si decide
in quale ristorante andare! Ma i luoghi
sono strettamente legati al tema. In “Tokio-ga” c’è un bel dialogo tra
Herzog e Wenders. Wenders deve filmare nel cemento di Tokio e deve individuare
i luoghi da riprendere, mentre Herzog gli dice che non è possibile filmare un
panorama di cemento. Herzog ha ragione, perché le immagini pure sono, per
esempio, quelle della foresta pluviale. Ma Wenders girava nel caos della città,
quindi doveva trovare le immagini là.
Tutto
questo per dire che siamo legati al luogo dal tema. L’importante è cercare
immagini nuove, o comunque immagini che
abbiano un loro senso segreto nel deterioramento provocato dal proliferare del
digitale.
18. Interni o
esterni?
Dipende
sempre dalle situazioni che si filmano. Tendenzialmente cerco di trovare degli
“esterni”. Difficilmente potrei immaginarmi un film completamente senza
“esterni”, mentre senza “interni” non farei fatica.
19. Durante le
riprese rispetti la scaletta che ti sei dato o cerchi di cogliere al volo anche
le situazioniinaspettate?
Come
dicevo precedentemente, rimango sempre con gli occhi ben aperti.
20. Che macchina da
presa utilizzi? Qual è il suo maggior pregio?
Non
posseggo più una macchina da presa. L’ultima è stata una Sony PD 170 ma mi fu
rubata. Devo anche dire che raramente filmo io. Preferisco lavorare con un
operatore per due motivi: 1) Di certo è più bravo di me; 2) Il regista deve essere
libero e fidarsi di chi ha l’occhio in camera. L’ultimo film è stato girato con
la Canon, ma l’importante è avere le ottiche e ormai sono tutte ottime.
21. Hai dei collaboratori?
Certamente,
io credo nella troupe. Stimo chi fa
tutto da solo ma io sono cosciente di avere dei limiti tecnici. Quindi mi
avvalgo sempre dell’aiuto di operatore, fonico e assistente. Anche il direttore
di produzione è molto utile, anche se non è obbligatoria una sua presenza fissa.
22. È presente la
musica nelle tue opere? Dove preferisci utilizzarla?
Sì,
è molto presente. È una componente essenziale. Non credo di essere in grado di
immaginare un film senza musica. Spesso l’ho in mente mentre giro, talvolta anche
prima. Di solito preferisco usarla da sola, in modo che si leghi alle immagini in modo contrappuntistico, per utilizzare un
termine “musicale”. Raramente la uso sotto il parlato, di solito preferisco
usarla dopo le parole: dove finiscono le parole inizia la musica.
23. Utilizzi la voce
fuori campo? E la parola scritta?
Se
intendi la lettura di qualcosa direi di sì, spesso.
Sulla
voce fuori campo c’è un lungo discorso. Noi, ovvero coloro che hanno
collaborato al rilancio del documentario alla fine degli anni Novanta, abbiamo
deciso di eliminarla perché ci sembrava una cosa vecchia. Talvolta è indispensabile, ma va usata con parsimonia, almeno per me. Prossimamente vorrei usare
la mia, quando necessaria, anche se temo che usandola potrei rischiare la personalizzazione. Non so. Ma lo farò!
24. Quanto ritieni
sia importante il montaggio?
Il
montaggio è fondamentale, anche se oggi
ha assunto un ruolo forse eccessivo. Sembra che chi monta il film sia il
regista e non un secondo regista. Io però ho un’idea di montaggio mentre giro e
vado in montaggio con un arco narrativo già abbastanza chiaro dell’intero film,
ovviamente suscettibile di cambiamenti. Con il montaggio digitale di oggi si
deve però stare molto attenti perché le possibilità sono diventate
paradossalmente troppo ampie.
25. Qual è la tua
cifra stilistica?
A
questa domanda non so rispondere.
Il
prodotto finito
26. Quali canali
sfrutti per diffondere le tue opere?
L’ultimo
mio film, Quartiere Pablo, è stato
proiettato a Parma 8 volte e il passaparola ha portato al cinema quasi mille
spettatori paganti. In autunno uscirà il dvd. La distribuzione è un problema enorme. Gli ultimi passaggi
televisivi dei miei film risalgono al 2007. Forse ci si può aspettare qualcosa di nuovo tramite il web, non so. Di
fatto è un imbuto la cui parte superiore si allarga sempre di più mentre quella
inferiore si restringe, a sua volta, sempre di più.
27. Pensi subito di
partecipare a qualche concorso o la decisione dipende soprattutto dal risultato
finale?
Ho
smesso da anni di partecipare ai festival. Ci credo poco. Certo, partecipare ad
una manifestazione importante non mi dispiacerebbe ma credo poco ai criteri di
selezione di oggi, ed ancor meno al sistema dei premi.
28. Hai vinto qualche
premio/riconoscimento? Con quali opere?
Ho
partecipato a diversi festival nei primi anni 2000 sia in Italia che
all’estero, ma non ho mai ottenuto un riconoscimento. Ci sono andato vicino al
Libero Bizzarri di San Benedetto del Tronto con Il mondo che abbiamo perduto, a Torino nel 2001 e in Russia con Mezzanotte
a Mosca, e nel 2003 a Bellaria con Nostalgia del futuro. A Bellaria
Lorenzo Pellizzari su Cineforum scrisse che avrebbe dovuto vincere il mio film.
Acqua passata.
29. Sei soddisfatto
dei tuoi lavori? Quale ti rappresenta maggiormente?
Complessivamente
sono abbastanza soddisfatto. Direi però che, facendo un bilancio, avrei voluto farne
due o tre di più, ed erano film ai quali tenevo molto.
30. Progetti futuri?
Attualmente
non ho molto in cantiere. Sto partendo per Treviso per dei sopralluoghi sul
fiume Sile. Il titolo provvisorio del film è “Il fiume del silenzio”. Lo farò?
Chissà!
Poi
avrei un progetto di un Macbeth tra Shakespeare e Verdi da ambientare in
un castello in provincia di Reggio, un film tra cinema e teatro. Ci penso da
anni e credo di avere l’età giusta per farlo.
Filmografia
-
Il mondo che abbiamo perduto, 2000
-
Botticelli e la Divina Commedia, 2000
-
Mezzanotte a Mosca, 2001
-
Um Certo Brasil, 2002
-
La giacca del tenore, 2003
-
Nostalgia del futuro – In viaggio con
Vittorio Foa, 2003
-
Lezioni d’emergenza, 2005
-
Quel pezzo d’Emilia altrove, 2005
-
Un leader in ascolto, 2006
-
Fermata a richiesta, 2008
-
Per esempio Vittorio, 2010
-
YIUANA, 2012
-
Quartiere Pablo, 2017
Biografia
Pietro
Medioli è nato nel 1965 a Parma, dove ha compiuto i suoi studi. Già a vent’anni
si occupa di cinema e teatro per una radio privata, è figurante al Teatro Regio
di Parma e inizia a collaborare in teatro come aiuto regista volontario. Nel
1990 esordisce come coregista in La donna
alla finestra di Hugo von Hofmannsthal (Collecchio-Parma). Segue nel 1991 Nel nome di Mozart (Milano) e nel 1992 Lazarus di Schubert (Milano): poi, per
tutti gli anni Novanta, seguiranno regie di opere di Pergolesi, Puccini, Verdi
e Wagner. Nel 1992 è chiamato dal regista Giancarlo del Monaco all’Opera di
Bonn dove resta otto anni come aiuto regista stabile del teatro, affrontando
una quarantina di opere del repertorio francese, tedesco, russo ed italiano,
oltre ad opere contemporanee come Hindenburg
di Steve Reich, occupandosi anche delle “riprese”. A Bonn lavora con Werner
Herzog con il quale ha collaborato poi diverse volte nell’opera e una volta nel
cinema. Interrotto il contratto a Bonn è rientrato in Italia nel 2000
dedicandosi prevalentemente al cinema documentario.
Registi di Parma – Intervista a Stefano Terenziani
Stefano
Terenziani è un’istituzione del cinema amatoriale di Parma e provincia.
Recentemente
lo abbiamo potuto vedere nel Segreto del
lago di Fabio “Zedd” Cavallo e 1/2
di Raffaele Salvaggiola, in cui si è distinto per le sue ottime prove attoriali.
Ma Terenziani è molto di più. È regista con all’attivo cortometraggi che hanno
ottenuto importanti riconoscimenti nonché punto di riferimento per i colleghi e
i giovani registi che stanno provando a muovere i primi passi nel mondo del
cinema. Ciò che lo connota è una passione smisurata (“non un’ossessione”, gli
piace precisare), una profonda conoscenza della storia del Cinema e soprattutto
tanta tanta esperienza.
Riferimenti
culturali
1. Da dove nasce il
tuo amore per il cinema?
Nasce
da bambino, guardando vecchi film Western in televisione. Mio padre conosceva
il nome di tutti gli attori, ma in particolare mi colpiva come potesse
ricordare i non protagonisti come Walter Brennan, Ward Bond, Thomas Mitchell o
Barry Fitzgerald. Per emulazione iniziai a ricordarli e, inevitabilmente, ad
amarli.
Da
quel momento è iniziata una specie di malattia, più di una passione e meno di
un’ossessione per fortuna. La mia casa di produzione, molto casalinga, in
realtà non esiste ma omaggia questa eredità paterna: “ACHITER VIDEO”, acronimo
del nome di mio padre ACHIlle TERenziani.
2. Quali sono i tuoi
registi di riferimento?
Dovrei
fare centinaia di nomi. Amo il cinema, lo studio, lo colleziono, lo pratico
perché la teoria da sola serve a poco se vai in cerca di una vera conoscenza.
Detto
questo, posso affermare che preferisco il cinema
di genere. Sono consapevole che sia un processo creativo ricchissimo di
contributi artistici. Adoro anche il cinema “d’autore”. Tuttavia sposo alla
lettera la frase che Frank Capra scrisse in apertura della sua biografia: “Non
ci sono regole nel fare Cinema. Solo peccati. E il peccato capitale è la noia.”
Preferisco Monicelli ad Antonioni, per essere chiari.
3. Quali film
annoveri tra i capolavori?
Anche
questo è un elenco che non riesco a fare. Se poi, oltre a quelli che lo sono
oggettivamente, valgono anche quelli che io personalmente ritengo “capolavori”,
allora diventerebbe una vera tela di Penelope. Ne scelgo tre: A qualcuno piace caldo; Il buono, il brutto, il cattivo; Totò, Peppino e la… malafemmina.
4. Quali sono i film
che riguarderesti all’infinito?
Sono
tantissimi. Sicuramente i tre che ho citato prima.
5. Quali sono i
gruppi e/o cantanti che ascolti abitualmente?
Ho
una playlist di canzoni che ascolto molto spesso. Sono i brani della classifica
di Billboard, i primi 100 per ogni anno, ma dal 1970 al 1979, senza distinzione
di genere.
Da
ragazzo ascoltavo tanto Talking Heads, Xtc, new wave in generale. Poi ho avuto
un trip bestiale per Paolo Conte, mentre ora quasi tutta la musica suonata dopo
gli anni 70 mi annoia. Poi ascolto tanta Motown e Van Morrison.
6. Quali sono i libri
e gli autori letterari che ami?
Amo
l’editoria cinematografica in generale,
la saggistica e le biografie, i volumi fotografici di grande formato. Li
preferisco alle analisi critiche sul lavoro degli autori, che sono scritte in
modo complicato. Ma è un mio limite. Libri/conversazione come quelli di Bogdanovich
con Orson Welles, di Cameron Crowe con Billy Wilder, di Michael Ondaatje con
Walter Murch, sono per me sono vere e proprie “esperienze orgamische”. Per non
ci citare la più conosciuta di Truffaut a Hitchcock.
Quando,
nel tempo che mi rimane, leggo la narrativa la mia attenzione va agli autori americani
come Elmore Leonard, James Ellroy, Joe Lansdale.
Durante la lavorazione di "Amor Sacro e Amor Profano"
Processo
creativo
7. Da quali idee/influenze
nascono i tuoi lavori?
Trattandosi
di cortometraggi spesso basta un’intuizione o semplicemente la disponibilità di
una location particolare. Poi si parte anche con progetti impegnativi perché
semplicemente promettono tanto divertimento. Le influenze sono spesso le
amicizie, vecchie e nuove. Qualcuno ci mette un’idea e da lì le cose si
sviluppano. Una volta aiuti gli altri e l'altra sono loro che aiutano te.
8. Quando trovi il
tempo per scrivere il soggetto e la sceneggiatura?
Il
tempo lo si trova quando si muove qualcosa, dentro o fuori di te.
Sempre
Frank Capra diceva che “il cinema è una malattia”, ti viene una specie difebbre quando avverti che si può raccontare
una nuova storia e l’unico antidoto è andare avanti. Inizi allora a lavorarci
con tanto impegno, perché ti fa stare
bene farlo. Più la storia ti sembra buona e più trovi il tempo per scriverla.
9. Cortometraggio o
lungometraggio? Perché?
Cortometraggio perché è una
palestra necessaria per conoscere il mezzo e costa poco. Poi, se lo fai per hobby
e hai un cartellino da timbrare e una famiglia, tanto tempo non ne hai. Come ho
detto, per fortuna il cinema per me è meno di un’ossessione. Ho iniziato perché
avevo in mano una videocamera per riprendere mia figlia da bambina. Ora che è diventata
adulta forse giungerà il tempo dei lungometraggi. Sono arrivato a realizzare
audiovisivi di 40/50 minuti in passato e ho partecipato a quelli di amici che
hanno affrontato la “montagna” del lungometraggio. Ho visto di persona
l’impegno che richiede, anche economico, e non è poco.
10. Le scene sono
frutto di immaginazione o attingi da racconti ed esperienze di vita?
Generalmente
sono frutto di immaginazione.
11. I personaggi sono
ispirati a persone reali?
A
volte sì, ad esempio nella serie web Baretto,
creata da Carlo Rizzelli e Andrea Ferraguti, la stessa idea di base della serie
partiva dalla fauna particolare che abita certi bar di provincia.
Ed
il personaggio del cortometraggio Elvira,
che abbiamo realizzato successivamente, partiva proprio dalla voglia di fare
protagonista Elvira Balestrazzi che interpretava ruoli di contorno nella serie.
12. Sei incline a
pensare ad ambientazioni e personaggi in un contesto comico, drammatico o fantascientifico?
La
commedia è la mia palude, e io nuoto
come un alligatore in quella palude.
13. Cosa cerchi di
comunicare? A chi?
L’obbiettivo
è creare attenzione, divertimento, costruire un meccanismo che funzioni. Che significato posso avere e per chi non
è mai una domanda che mi pongo prima. Procedo in modo anche molto istintivo.
Poi, naturalmente, a lavoro finito puoi scoprire significati che neanche immaginavi
tra le pieghe di quello che racconti, di aver detto o non detto cose importanti
per qualcuno.
Sul set di "6 Could Be 9"
Processo
realizzativo
14. Come scegli gli
attori?
Sto
attento alla loro “somiglianza” al
personaggio.
Attingere
poi al lavoro di attori professionisti capaci di interpretare qualsiasi ruolo ha
un costo (come è giusto che sia), quindi viva gli appassionati di recitazione e
gli amici con la personalità adatta alla parte.
15. In base a cosa
scegli le location?
Le
location hanno una funzione precisa per il servizio che possono dare al
racconto. Le scelte sono quindi dettate dalla storia stessa, contengono
l’atmosfera del film. A volte ti trovano loro, a volte le trovano gli amici, a
volte hai finito il film e lei stai ancora cercando.
16. Preferisci girare
in interni o in esterni?
È
indifferente in realtà. Ma il cinema è una fusione di conoscenze tecniche e
sensibilità artistiche che si devono combinare anche quando il livello è hobbistico.
In esterni la fonte d’illuminazione principale è una e tutti i santi aiutano. In
interni a volte con la mancanza di una figura professionale come il direttore
della fotografia la paghi cara. Come per l’aspetto audio del resto. Servono
materiali costosi e soprattutto chi li sa utilizzare.
17. Che macchina da
presa utilizzi? Qual è il suo maggior pregio?
Ho
iniziato con una palmare VHS per i primi corti. Poi tutta la trafila digitale:
HI8, MiniDv, HD, FullHD. Al 4K ancora non ci sono arrivato. Alcuni lavori
recenti sono realizzati con videocamera Prosumer Panasonic o con una reflex
Canon. Ma questa continua rincorsa all’ultima versione dell’alta definizione in
realtà complica solo le cose, si potrebbe raccontare una buona storia anche con
tre polaroid.
18. Qual è il tuo
movimento di macchina preferito? Quale usi più spesso?
Mi
chiedo prima se un particolare movimento serve e aggiunge veramente qualcosa
alla scena. Poi, se ho i mezzi per realizzarlo, procedo. Un amico prezioso,
Michele Coser, ha un piccolo carrello e un crane. Io ho acquistato un modesto
slider. Con questi muoviamo la camera. Però, ripeto, non ho un movimento di
macchina preferito.
19. Com’è organizzata
una tua giornata di riprese?
Per
prima cosa considero la disponibilità di chi dà una mano. Se paghi i
professionisti ti organizzi come vuoi a seconda del tuo budget, altrimenti
valgono altre regole.
Alla
fine i due sistemi non sono tanto diversi. Può cambiare il risultato
naturalmente, bello o brutto è sempre cinema, ma anche quando hai a disposizione
milioni di dollari il film non sarà mai come te lo eri immaginato all’inizio:
il risultato finale dipende da troppe personalità.
20. La sceneggiatura
cambia in corso d’opera?
Naturalmente,
per i motivi e le esigenze descritte sopra. Non sono cambiamenti radicali, se
possibile, ma restare aperti durante le riprese ad ogni tipo di suggerimento arricchisce
il film senza ombra di dubbio e ti permette di superare gli imprevisti che
inevitabilmente si presenteranno.
21. Lasci i tuoi
attori liberi di improvvisare?
Come
dicevo in precedenza non sono quasi mai professionisti quindi è necessario che
possano dare un contributo personale per essere credibili. Se fossero
professionisti sarebbero ancora più liberi di improvvisare sul set. Avendo gli strumenti
del mestiere porterebbero il personaggio ad un livello di realismo altissimo.
22. Quali indicazioni
dai più spesso ai tuoi attori?
Prima
di arrivare sul set cerco di fargli “vedere” come intendo il personaggio, come
si comporta, di che natura sono le sue emozioni, come reagisce agli eventi
della storia. Sul set cerco di metterli a loro agio il più possibile e aspetto
che la magia si manifesti.
23. Hai dei
collaboratori?
In
realtà questa domanda risponde anche alla seconda, relativa ai miei registi di
riferimento.
Quando
realizzo qualche progetto non penso ad un regista in particolare ma faccio
riferimento ad amici fondamentali senza i quali non avrei fatto e imparato
nulla in questi anni. Tra gli altri (la lista completa sarebbe davvero
lunghissima): Gian Luca Salsi, Salvatore Pelliccia e Paolo Rasori, poi Fabio
“Zedd” Cavallo, Marco Cavallo, Loris Lestini, Daniela Stecconi, Vittorio
Scotti, Marco Guareschi, Francesco Pinna Pignoli, Gian Maria Pacchiani, Primo
Giroldini, Filippo Chiesa, Paolo “Hyena” Lasagni, Ferdinando Anceschi, Johnny
La Rosa, Ivan Montanari, Alice Camattini, Pietro Anastasi, Marco Mezzadri,
Mario Paroli, Stefania Pioli, Luca Gorreri, Fausto Tinello, Paolo D’Errico,
Simone Ferrari, Matteo Macaluso, Maurizio Notari, Monica Rossi, Silvia Degani,
Roberto Gorreri, Raffaella Bernabè, Nico Carrato ,Paolo Croci, Michele Coser,
Anna Mazza, Angelica Milia, Raffaele Salvaggiola, Elvira Balestrazzi, Andrea
Ferraguti e Carlo Rizzelli con i quali ho realizzato le ultime cose e con
alcuni di questi collaboro da anni.
Ultime
ma non ultime mia moglie Alessandra Bosi e mia figlia Erica Yvonne Terenziani,
hanno collaborato a diversi progetti ed insieme a loro è partito tutto.
Per
collaborazione intendo che se cercano un attore o semplicemente una mano per
spostare uno stativo io rispondo presente e se invece a mia volta devo mettere
in piedi la produzione di un qualsivoglia progetto posso contare sul loro
appoggio. Questo significa Low Budget.
Tutti
hanno passione e sono autori, sceneggiatori, registi, operatori, attori e
attrici, musicisti, video maker. Con ognuno di loro, ed anche con altri che per
motivi di spazio non posso nominare e me ne scuso, ho passato momenti speciali.
24. Quanto è importante
la musica nei tuoi film? Dove preferisci utilizzarla?
È
molto importante. Inizialmente attingevo a musiche esistenti di vari autori,
più o meno celebri. Poi, grazie anche a fortunati incontri, ho iniziato
collaborazioni con musicisti (anche professionisti) che hanno realizzato musiche
originali sul mio montaggio. Montaggio che a volte ho addirittura modificato
per adeguarlo alle loro musiche. Avendo una forza emotiva enorme utilizzo la
musica solo quando serve veramente. Messa a sproposito non aiuta.
25. Quanto ritieni
sia importante il montaggio?
Importantissimo.
Può influire sul significato e l’efficacia stessa di una scena. Il montaggio è
l’unica forma di linguaggio veramente nuova e originale che il cinema ha
portato in dote. La scrittura, il teatro e la recitazione già esistevano, cosi
come la fotografia. Mettere le immagini in movimento non è stato così innovativo
come la sequenza con cui alternarle. Ed è sbalorditivo come da subito per il
pubblico sia stato normale seguire un racconto frammentato, quando nella realtà
tutto ci appare insieme e nello stesso momento davanti agli occhi. Il montaggio
poi è il momento nel quale vedi materializzarsi il lavoro. Nel bene e nel male
è fondamentale.
Con Carlo Rizzelli e Andrea Ferraguti sul set della webserie "Baretto"
Il
prodotto finito
26. Quali canali
sfrutti per diffondere le tue opere?
Un
tempo solo i festival. Ora ci sono più festival che videomaker. Hanno perso il
loro senso. Solo pochi hanno un’attenzione onesta al lavoro degli autori. Si
può provare a partecipare a questi pochi e ai più importanti, che fondamentalmente
è come comprare un gratta e vinci.
Poi
si può mettere il video su YouTube o Vimeo.
Sarebbe
molto bello che sul territorio si iniziasse a proiettare regolarmente i
cortometraggi, e non solo, prodotti nella nostra Provincia. In una forma e uno
spazio da decidere, un cinema, una rassegna… ma senza selezioni da parte di
qualcuno, uno spazio per tutti indistintamente. Un incontro con un vero
pubblico fatto di carne e ossa e non di “like” sul web, aiuterebbe molto i
giovani autori nel trovare stimoli ad andare avanti. Sentire partecipare gli
spettatori fa crescere, fa capire e fa trovare collaborazioni di ogni tipo.
27. Pensi subito di
partecipare a qualche concorso o la decisione dipende soprattutto dal risultato
finale?
In
passato, agli inizi, un paio di corti li realizzai proprio per partecipare a
Festival che avevano una “sezione a tema”, tipo lo Sport o la Memoria. Era
interessante misurarsi con un tema predefinito, era come essere a scuola, ed in
effetti erano tentativi di mettere in pratica quanto da autodidatta avevo
imparato.
Ora
realizzo quello che mi piace, l’importante che ci sia una storia da raccontare.
Dove questa storia verrà raccontata è un problema da affrontare in seguito.
28. Hai vinto qualche
premio/riconoscimento? Con quali opere?
Sono
diversi, la maggior parte poco importanti, ma sono molto affezionato ai premi
vinti all’Euro Video Festival in un paio di occasioni. Quei corti non sono in
rete però.
Di
seguito tre corti a cui tengo molto, con i link dove vederli e alcuni premi
vinti:
- Crudo. Un film senza condimento, 2004, Commedia, 17
min., MiniDv
Realizzato con Fabio Zedd Cavallo
Premio della Critica "Alberto
Farassino" al “Festival di Bellaria”;
Anteprima del Cinema Italiano e Miglior Film
al “Festival del Cinema Trash di Torino”, premiato dai Manetti Bros.
29. Sei soddisfatto
dei tuoi lavori? Quale ti rappresenta maggiormente?
Sono
sempre soddisfatto, perché le opere lasciano sempre molto di più della storia
che raccontano. Sul piano dei rapporti umani intendo. Ho amici da Marsiglia
alla provincia di Palermo. Grazie a questa passione potrei dire che ognuno
degli audiovisivi realizzati è un successo enorme.
Ad
esempio la serie web Baretto, alla
quale ho partecipato insieme a molti dei nomi che ho citato in precedenza e
molti altri, creata da Andrea Ferraguti e Carlo Rizzeli (36 puntate di circa 10
minuti l’una, un progetto enorme e durato circa tre anni), è stata a mio avviso
un grande successo. Di premi non ne ha vinti, troppo “caratteristica” per avere
i favori di una qualsiasi giuria, ma che divertimento e che esperienza di vita
che è stata! Spero che chi legge possa aggiungersi alle circa 60mila
visualizzazioni complessive della serie.
È
in corso la scrittura di un lungo a 4 mani con Paolo Croci (da un suo progetto),
la realizzazione di un documentario e, tra agosto e settembre, la produzione
del primo corto da regista di mia figlia Erica Yvonne, colei dalla quale tutto
è partito.
Sul set di "Trid cme' la bula"
Filmografia
parziale
- Bocs, commedia, 8 minuti, b/n, Digital8, 2000.
- Che
fine ha fatto l'Orfeo?, doc.,
10 min., colori, MiniDv, 2002.
- Emiliana
(montaggio e post-produzione)
di Paolo Lasagni e Ferdinando Anceschi, doc., 30 min., colori, Digital8, 2003.
- Tra
cielo e terra, figli dello stesso Dio,doc. su comunità disabili psichici di Geraci
Siculo, 20 min., colori, MiniDv, 2003.
- Crudo.
Un film senza condimento (in
collaborazione con Fabio “Zedd” Cavallo), Fiction, 17 min., colori, MiniDv,
2004.
- Meglio
Lavorare (in
collaborazione con Fabio “Zedd” Cavallo), Fiction, 45 min., 45 min., colori,
MiniDv, 2009.
- 6
Could Be 9(in
collaborazione con Paolo Lasagni), 43 min., Fiction/sperimentale, colori,
MiniDv, 2010.
- BarEtto
(attore, produzione, regista
di tre puntate) progetto di Andrea
Ferraguti e Carlo Rizzelli, webserie genere demenziale, 36
puntate della durata di 8 minuti circa, B/N e colori, fullHD, 2012-2013.
- Elvira, fiction, 20 min., colori, FullHD, 2014.
- Trid
cme’ la bula (produzione, attore, consulente dialettale e montaggio
backstage) di Gianfranco Pannone, prodotto da Primo Giroldini,doc., 45 min., colori, 2015. Realizzato
insieme a Monica Rossi, Silvia Degani, Roberto Gorreri, Raffaella Bernabè e Nico
Carrato.
- Il
domatore di rane (produzione e regia in collaborazione con Andrea
Ferraguti, montaggio),documentario sulla vita e le opere di Lorenzo
Dondi, 50 min., FullHD, 2017.
Con gli attori in "Amor Sacro e Amor Profano"
Biografia
Stefano
Terenziani nasce a Parma 14 luglio 1964. Gli piace ricordare di essere “nato in
casa, in piazzale S. Croce, quindi con un certo pedigree riguardo alla
Parmigianità”.
Nel
2000 inizia a realizzare cortometraggi sperimenta diversi generi, compreso il documentario.
Nel corso degli anni collabora con molti videomaker, professionisti e non. In
alcuni casi condivide la regia e la produzione, cura il montaggio o interpreta
una parte.
Sempre
pronto ad aggiornarsi, frequenta negli anni numerosi seminari e workshop tenuti
tra gli altri da: Alessandro D'Alatri, Umberto Contarello, Giuseppe Piccioni,
Domenico Procacci, Tinto Brass, Sergio Rubini, Gianfranco Pannone.
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