sabato 29 marzo 2014

Nuova recensione Cineland. Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée

Dallas Buyers Club 
di Jean-Marc Vallée 
con Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Steve Zahn 
Drammatico, 117 min., USA, 2013 

Texas, seconda metà degli anni Ottanta. Ron Woodroof (McConaughey), che lavora come elettricista nei pozzi petroliferi, conduce una vita sregolata. Ama l’alcol, la droga, il gioco d’azzardo e le donne. Proprio da una prostituta contrae l’HIV ed i dottori, dopo avergli diagnosticato l’AIDS in fase avanzata, gli danno trenta giorni di vita. In un primo momento la sua reazione è incontrollata. Per non sentire il peso degli effetti della malattia, Ron aumenta le dosi di alcol e droga ma così facendo finisce con il peggiorare il suo quadro clinico. Comincia allora a procurarsi sottobanco l’AZT, un potente antivirale in fase di sperimentazione. Quando il farmaco viene però messo sotto controllo dai medici dell’ospedale, Ron decide di recarsi in Messico per procurarsi altro AZT, finendo invece per conoscere un medico radiato che gli prescrive del Peptide T, proteina non approvata dal sistema sanitario americano che però lo aiuta a migliorare la sua situazione. Ron decide così di portare questa sostanza in Texas al fine di venderla agli altri malati e combattere lo strapotere delle case farmaceutiche che, a suo parere, stavano lucrando sulle disgrazie di centinaia di migliaia di persone colpite dalla piaga dell’HIV. 

Ciò che colpisce di più di quest’opera è sicuramente la prova immensa di un McConaughey  in stato di grazia (già William Friedkin lo aveva valorizzato in Killer Joe, 2011). Non c’è un’inquadratura in tutto il film in cui il suo corpo e la sua voce non rendano perfettamente l’idea di una persona che porta il fardello di un destino ormai irrimediabilmente segnato. Le guance scavate, la voce flebile e incerta (da ascoltare solo nella versione in lingua originale), le vene prominenti sulla fronte e i muscoli di gambe deboli che non riescono a regge il peso di un corpo svuotato, sono solo le evidenze di un’anima persa che cerca di ritrovarsi in una battaglia contro i pregiudizi della società (era opinione comune che l’HIV fosse un problema solo degli omosessuali) e le dinamiche legate al profitto delle case farmaceutiche. Ma oltre a ciò che rimane strettamente legato alla performance di chi interpreta il personaggio principale, che trova in Leto un’ottima spalla grazie alla quale far emergere il suo lato più umano, rimane poco di una storia che soffre il continuo tira e molla temporale (si saltano mesi o anni con una semplice schermata nera) e l’approssimazione con cui si indagano a livello macrotematico le ragioni di una vera e propria piaga sociale. Condivisibile dunque la scelta dell’Academy di premiare con l’Oscar le prove di McConaughey, Leto e dei truccatori Adruitha Lee e Robin Mathews, che in fin dei conti si dimostrano di tutt’altra categoria rispetto ad una sceneggiatura e una regia tutto sommato didascaliche

Voto: 3 su 5 

(Film visionato il 25 marzo 2014)


giovedì 27 marzo 2014

Memorable Scenes - 3

E per allietare questa giornata uggiosa (almeno in quel di Parma) ecco a voi una delle sequenze più "seducenti" di tutta la storia del Cinema, tratta da Barry Lyndon di Stanley Kubrick (1975).


martedì 25 marzo 2014

Nuova recensione Cineland. Lei (Her) di S. Jonze


Lei (Her
di Spike Jonze 
con Joaquin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde, Chris Pratt 
Drammatico, 126 min., USA, 2013 

Theodore, che si mantiene scrivendo lettere d’amore conto terzi, non riesce a dimenticare l’ex moglie e vive alla giornata con pochi amici e molte occupazioni digitali. La sua vita sentimentale sembra giungere ad una svolta quando installa sul computer di casa un nuovo sistema operativo che comincia a relazionarsi con lui in maniera simbiotica. 

Sin dagli esordi Jonze ci aveva abituato, più che alla maestria tecnica, alle trame coraggiose, futuristiche e spiazzanti. Essere John Malkovich (1999) aveva chiuso il XX secolo presentando un personaggio che attraverso un passaggio segreto riusciva ad entrare nella mente dell’attore che dà il titolo al film. Il ladro di orchidee (2002) ci aveva spiazzati presentandoci una storia che si sviluppava step-by-step grazie allo sceneggiatore/protagonista (anzi, gli sceneggiatori/protagonisti!). 

Con quest’ultimo film il regista approda invece ad un risultato che valorizza più la forma che il contenuto. Le inquadrature si fanno ricercate e i movimenti di macchina fluidi, la fotografia punta alla nitidezza e i colori si stagliano puliti e pieni, le ambientazioni si fanno glamour. Una maggiore attenzione all’aspetto tecnico cui segue una storia più interessante nelle attese che non negli effettivi sviluppi. Già la scelta di ambientare il film in un prossimo futuro (non poi così diverso dal presente) si rivela un espediente fin troppo facile per giustificare situazioni altrimenti inverosimili. Come quella attorno alla quale ruota tutta l’opera: il protagonista si rapporta sempre più intimamente con un sistema operativo dalla voce femminile (a pensarci bene, un po’ come quando si setta il TomTom) fino a presentare quest’ultimo agli amici come fidanzata (e senza neanche provocare critiche o risolini). Da questo rapporto prende le mosse la principale domanda cui Jonze cerca di dare risposta: come può evolvere la vita di un uomo che costruisce un rapporto esclusivo con la sua macchina, inevitabilmente plasmata a propria immagine e somiglianza? 

La riflessione che ne consegue, e che coincide con lo svolgimento del film, è una sorta di monito nei confronti della società contemporanea, che preferisce sempre più rifugiarsi e isolarsi negli ultimi ritrovati tecnici invece di mettersi in gioco nel campo dei sentimenti. Una constatazione che, a fronte di due ore di film, risulta essere un po’ troppo striminzita, soprattutto se si aggiunge che il finale si può intuire già a metà film e che la materia è già stata ampiamente trattata in Blade Runner (Ridley Scott, 1982). In ultima analisi, ci rendiamo conto che l’opera rimane in piedi solo grazie a due fattori: la facilità di scrittura di Jonze, bravo nel raccontare l’evoluzione interiore del suo protagonista, nonché l’ennesima eccellente prova recitativa di Joaquin Phoenix

Voto: 3½ su 5 

(Film visionato il 18 marzo 2014)

sabato 15 marzo 2014

Memorable Scenes - 2

Seconda puntata dedicata alle scene memorabili della storia del Cinema.

Questa volta riportiamo il momento più surreale di Strade perdute (Lost Highway, 1997) di David Lynch.

Cogliamo l'occasione per ringraziare I Cineuforici, che ci hanno ispirato con loro rubrica Frames.


giovedì 13 marzo 2014

Nuova recensione Cineland. Saving Mr. Banks di J.L. Hancock

Saving Mr. Banks 
di John Lee Hancock 
con Tom Hanks, Emma Thompson, Ruth Wilson, Colin Farrell, Paul Giamatti 
Biografico/Commedia/Drammatico, 126 min., USA/Gran Bretagna/Australia, 2013 

La scrittrice Pamela Lyndon Travers vive in una piccola casa a schiera di Londra e si trova in ristrettezze economiche. Il suo agente la convince pertanto a recarsi a Los Angeles per cedere alla Disney i diritti di Mary Poppins, il suo best seller, e collaborare alla realizzazione della sceneggiatura del film. Appena arrivata nella sua camera d’albergo, la sessantenne getta dalla finestra le pere del cesto di benvenuto e chiude nell’armadio tutti i pupazzi che Walt Disney le ha fatto trovare. Oggetti che, attraverso un continuo gioco di flashback, scopriremo avere la colpa di averle rievocato un’infanzia in cui si cela una grandissima delusione. Delusione che si ripercuote nel presente rendendo Mrs. Travers alquanto ostica per gli sceneggiatori che con lei si devono rapportare. Solo grazie ad un autista e a Walt Disney in persona, che le dimostrerà di aver capito il vero significato del libro, Pamela riuscirà a superare il suo passato e ad aprirsi in modo da rendere possibile la realizzazione di una pellicola passata alla storia. 

J.L. Hancock (che ricordiamo per The Blind Side, 2009) mette in campo una regia didascalica ma sempre funzionale ad una sceneggiatura che si prende notevoli libertà rispetto ai fatti realmente accaduti per meglio puntare sull’empatia promossa da una incessante riflessione sul legame tra genitori e figli che spesso si sofferma sul rapporto edipico tra padri e figlie femmine. Non manca certo qualche momento d’alleggerimento che stempera la gravitas del tema trattato e strappa risate, ma dall’inizio alla fine il film sembra sempre e comunque prigioniero dell’inquietante avvertimento che ci ricorda come noi siamo, nel bene o nel male, il prodotto del rapporto che abbiamo avuto coi nostri genitori e il ricordo che di esso abbiamo. Il messaggio arriva forte, anche grazie ad una protagonista cui la Thompson conferisce il giusto spessore rendendola credibile nella sua acidità e diffidenza sempre umana e mai sopra le righe. Buone la prove di Colin Farrell e Paul Giamatti, figure complementari di padri che intendono la vita e amano le proprie figlie in modi differenti. 

Voto: 3 su 5 

(Film visionato l’11 marzo 2013)

martedì 11 marzo 2014

Memorable Scenes - 1

Inauguriamo questa nuova sezione per ricordare e ricordarci di quelle scene che ogni tanto riaffiorano alla nostra mente, anche se non fanno parte di una pellicola memorabile.
Scene che ci hanno colpito a tal punto da non poter fare a meno di portarle con noi nella vita di tutti i giorni. Magari perché sono le più emozionanti oppure, più semplicemente, perché sono le più paurose o le più strampalate o le più enigmatiche che ci sia mai capitato di vedere.

Partiamo con la scena della salsa tartara tratta da The Weather Man (Gore Verbinski, 2005). Protagonista Nicolas Cage.




Infine, una chicca.
Ecco di seguito, per gli appassionati di The Big Bang Theory, l'imitazione di Nicolas Cage che Howard Wolowitz/Simon Helberg ha fatto al David Letterman Show.

)

giovedì 6 marzo 2014

Remember Us. Lola Montès, Quel treno per Yuma, Henry

Lola Montès 
di Max Ophuls 
con Martine Carol, Peter Ustinov, Anton Walbronk, Ivan Desny 
Drammatico, 140 min., Francia, Germania Ovest, Lussemburgo 1955 
**** 

Ascesa e declino di Maria Dolores Porriz y Montès, conosciuta come Lola Montès, che da amante di un gran compositore e di un regnante finisce per fare l’attrazione in un circo che usa la sua storia come filo conduttore per un magnificente spettacolo. Ophuls, alla sua ultima regia, sfrutta la parabola discendente di Lola come grande metafora per criticare una società che si stava progressivamente votando al divismo e al Dio denaro. Tecnicamente ineccepibile: la macchina da presa “danza”.

Quel treno per Yuma 
di James Mangold 
con Russell Crowe, Christian Bale, Logan Lerman, Dallas Roberts 
Western, 117 min., USA, 2007 
*** ½ 

Dan Evans (Bale), coltivatore in serie difficoltà economiche, contribuisce alla cattura del fuorilegge Ben Wade (Crowe). Accetta, un po’ per sopravvivenza un po’ per riscattarsi da un passato che preferisce nascondere, la buona cifra di 200 dollari per condurre e caricare il malvivente sul treno diretto alla prigione di stato che passa da Yuma. Ma la banda di Wade farà di tutto per liberarlo mentre il loro rapporto si trasforma in profonda stima. Western dai ritmi attualizzati che non recide il cordone ombelicale con le peculiarità del genere per un risultato gradevole ma frenato nel finale, dove tutto si risolve. Buona la recitazione di Crowe e Bale.

Henry 
di Alessandro Piva 
con Carolina Crescentini, Claudio Gioè, Aurelien Gaya, Pietro De Silva 
Noir, 86 min., Italia, 2010 
** 

Tratto dall’omonimo romanzo di Giovanni Mastrangelo (Einaudi, 2006), il film parla di una storia di traffici di droga ambientata a Roma. Lì il male corrompe tutto, anche in chi ha il dovere di far rispettare la legge. Pur sfruttando un tema di per sé interessante, Piva manca il bersaglio perdendosi in ghirigori stilistici che smorzano l’incisività della storia. Tutto rimane così, spudoratamente, a livello superficiale.

domenica 2 marzo 2014

Remember Us. La ronde, Akira, Analisi finale

La ronde – Il piacere e l’amore 
di Max Ophuls 
con Anton Walbrook, Simone Signoret, Serge Reggiani, Simone Simon, Daniel Gelìn 
Commedia, 95 min., Francia, 1950 
***** 

Ophuls mette in immagini la commedia Der Reigen (Il girotondo) di Arthur Schnitzler, un compendio della casistica amorosa caustico, acuto, modernissimo che si sviluppa proprio come un girotondo. Nel senso che tutti i personaggi e tutti gli episodi sono concatenati e che il film si chiude sul primo personaggio presentato. Deus ex machina della narrazione è il personaggio interpretato da Walbrook, che tra scenografie teatrali e cinematografiche introduce le storie delle dieci coppie che animano la Vienna di inizio Novecento svelandone debolezze, ironie e ipocrisie. Capolavoro di tecnica, recitazione e gusto.

Akira 
di Katsuhiro Otomo 
Animazione, 124 min., Giappone, 1988 
**** 

Non aspettativi un “cartone animato”. Questo è un film! E non tanto per la trama o i personaggi, quanto per l’accuratezza del disegno (se c’è un’esplosione, nel buco della strada si vedono i tubi dell’acqua e dell’elettricità strappati), la costruzione delle scene (e montaggio adrenalinico), la sceneggiatura (complessa), i temi trattati (implicazioni post apocalittiche che ricordano i disastri atomici). L’atmosfera creata, soprattutto nella prima parte, ci fa gridare al capolavoro (di grande suggestione la colonna sonora di Shoji Yamashiro). Esclamazione che però ci rimane strozzata in gola perché la storia, nella seconda parte, mette inevitabilmente a nudo tutta la sua essenza “anime” scadendo un po’ nel banale.

Analisi finale (Final Analysis
di Phil Joanou 
con Richard Gere, Kim Basinger, Uma Thurman, Eric Roberts 
Thriller, 124 min., USA, 1992 
** ½  

Uno psicanalista (Gere) si innamora della sorella (Basinger) di una sua paziente (Thurman) e quando lei viene accusata dell’omicidio del marito fa di tutto per farla assolvere. Ci riesce, ma avrà un’amara sorpresa. Thriller dalle caratteristiche hitchcockiane che ricorda La donna che visse due volte (Vertigo) e che anticipa Effetti collaterali (Side effects, S. Soderbergh, 2013) lasciandosi guardare, non senza cedimenti, dall’inizio alla fine. Merito della sceneggiatura, perché gli attori non sono sempre all’altezza.     
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