Sceneggiatore, regista, montatore. Gian Guido Zurli segue e cura personalmente
ogni fase di costruzione delle sue opere, facendo della precisione formale una
prerogativa. Questa accuratezza è ben riscontrabile nelle atmosfere di DOPPELGANGER, trilogia in cui ogni capitolo si sviluppa su
due diversi piani temporali.
Il mistero è però l’elemento che contraddistingue il suo lavoro. Una
vera e propria cifra stilistica che, come avrete modo di leggere, si rispecchia
nei suoi riferimenti culturali e cinematografici.
Riferimenti culturali
1) Da
dove nasce il tuo amore per il cinema?
Fin da bambino. Ho smesso molto presto di guardare i cartoni animati
per passare ai film. L’amore per il cinema mi è stato trasmesso da mio nonno e
da mia madre.
2) Quali
sono i tuoi registi di riferimento?
David Fincher e Stanley Kubrick per la perfezione. Mi piacciono i
registi francesi, in particolar modo François Truffaut. Naturalmente Alfred
Hitchcock.
In ogni modo il mio regista preferito e di riferimento è senza dubbio
David Lynch.
3) Quali
film annoveri tra i capolavori?
Seven e Zodiac di David Fincher, Shining e Eyes Wide Shut
di Kubrick, Effetto Notte di Truffaut, Psycho e La finestra
sul cortile di Hitchcock e Mulholland Drive di David Lynch.
4) Quali
sono i film che riguarderesti all’infinito?
Quelli che ho già citato, in particolar modo Mulholland Drive
per cogliere gli elementi nascosti nella trama. Effetto Notte per la
divertente messa in scena del mondo del cinema.
5) Quali
sono i gruppi e/o cantanti che ascolti abitualmente?
Ascolto soprattutto musica jazz, classici come Duke Ellington e Benny
Goodman, ma anche Dave Brubeck,Coleman Hawkins e John Coltrane.
Ultimamente sto collaborando con il gruppo rock Terramadre per larealizzazione dei loro video musicali.
6) Quali
sono i libri e gli autori letterari che ami?
Leggo di tutto, in particolar modo saggi, gialli e romanzi storici. I
miei autori preferiti sono Umberto Eco, DinoBuzzati e Carlo Lucarelli.
Processo creativo
7) Da
quali idee/influenze nascono i tuoi lavori?
Difficile rispondere a questa domanda. Si tratta di un percorso
complesso che nasce da una piccola idea osituazione da sviluppare.
8) Quando
trovi il tempo per scrivere il soggetto e la sceneggiatura?
La fase più lunga e complessa è lo sviluppo della storia e la raccolta
di idee o informazioni. Soltanto dopoavere davanti il quadro completo
della storia inizio a scrivere il soggetto e poi la sceneggiatura. La stesuradi quest’ultima occupa qualche settimana.
9) Cortometraggio
o lungometraggio? Perché?
Per ora ho sempre scelto il lungometraggio
perché le storie che racconto sono complesse e non siesauriscono in
pochi minuti. Inoltre mi piace tenere vivi i personaggi.
10) Le
scene sono frutto di immaginazione o attingi da racconti ed esperienze di vita?
La trilogia DOPPELGANGER
è frutto di pura immaginazione. Successivamente ho scoperto la ricercastorica
che mi ha portato a sviluppare un altro progetto che diventerà presto un libro
e spero anche un film.
11) I
personaggi sono ispirati a persone reali?
Alcuni sì e ad essi ho dato le stesse abitudini e modi di parlare di
quelle persone. Altri personaggi sonoinvece totalmente inventati.
12) Sei
incline a pensare ad ambientazioni e personaggi in un contesto comico,
drammatico o fantascientifico?
Tutto dipende dalla storia che voglio raccontare.
13) Cosa
cerchi di comunicare? A chi?
Voglio semplicemente raccontare delle storie ed intrattenere lo
spettatore.
Processo realizzativo
14) Come
scegli gli attori?
Mi piace lavorare più o meno con le stesse persone e quindi ho i miei
attori di fiducia. E, tramite il confronto, sono loro che mi aiutano a trovare
colleghi che potrebbero interpretare perfettamente altri ruoli che sto cercando.
15) In
base a cosa scegli le location?
Devono essere credibili, sia
che si tratti di un’ambientazione in costume sia che si tratti di un contesto contemporaneo.
16) Preferisci
girare in interni o in esterni?
Assolutamente in interno. È
più facile gestire la luce e si riesce a registrare un audio migliore in presa
diretta. Tuttaviala vita reale e le storie che racconto, per forza di
cose, devono uscire anche all’esterno.
17) Che
macchina da presa utilizzi? Qual è il suo maggior pregio?
Ne abbiamo usate diverse della Blackmagic.
Ultimamente utilizziamo però la Sony
A7s che ha il pregio di registrare immagini bellissime anche in scarse
condizioni di luce, regalando una notevolelibertà sia in termini
espressivi sia di movimento.
18) Qual
è il tuo movimento di macchina preferito? Quale usi più spesso?
Nessuno in particolare, quello che si adatta meglio alla scena che
stiamo girando.
19) Com’è
organizzata una tua giornata di riprese?
Una volta arrivati sul set si esegue una prova non filmata, necessaria
a tutti quanti per capire cosa bisognafare. Dopodiché viene allestita
la scena, le luci, trucco, costumi e si parte.
20) La
sceneggiatura cambia in corso d’opera?
Sì. Generalmente inizio a girare con una seconda revisione, ma durante
le riprese mi rendo conto che vannoapportate delle correzioni o degli
aggiustamenti. A volte elimino delle scene ancora prima di girarle, oppurene
creo delle altre.
21) Lasci
i tuoi attori liberi di improvvisare?
Assolutamente sì e spesso mi hanno riservato bellissime sorprese. Un
film, secondo me, è un’opera d’artecollettiva
e non credo in un solo uomo al comando.
22) Quali
indicazioni dai più spesso ai tuoi attori?
Gli faccio conoscere il loro personaggio, quello che pensa e le sue
aspettative. È importante che gli attori sitrovino a loro agio con il
personaggio e che lo interpretino con estrema naturalezza.
23) Hai
dei collaboratori?
Certo, in particolar modo il direttore della fotografia Federico Attilio Perugini.
24) Quanto
è importante la musica nei tuoi film? Dove preferisci utilizzarla?
È molto importante. Deve essere adatta alla scena e mi piace
utilizzarla quasi al 90% dell’intera durata delfilm. Sono pochissime le
scene senza musica.
25) Quanto
ritieni sia importante il montaggio?
È fondamentale e lo eseguo io stesso. Ho iniziato come montatore e per
me un regista deve sapere come simonta un film: non tanto l’utilizzo
del software, ma come le varie clip si legano l’una con l’altra e per
visualizzare ilrisultato. Se mentre giri non te ne rendi conto sei
perduto.
Il prodotto finito
26) Quali
canali sfrutti per diffondere le tue opere?
La trilogia DOPPELGANGER è attualmente distribuita su Amazon Prime Video dalla Adler &
AssociatesEntertainment di Los Angeles.
27) Pensi
subito di partecipare a qualche concorso o la decisone dipende soprattutto dal
risultato finale?
Non ho mai pensato di partecipare ad un concorso, ma non escludo di
farlo in futuro.
28) Sei
soddisfatto dei tuoi lavori? Quale ti rappresenta maggiormente?
Sono molto soddisfatto. Trattandosi di una trilogia, ciascuno dei tre
film è fondamentale per comprendere lavicenda. Tuttavia preferisco il
secondo capitolo per le scene girate ai giorni nostri ed il terzo per quelle incostume.
29) Progetti
futuri?
Ho appena terminato un libro con il Prof. Edoardo Fregoso su Sofia Pescatori, la vera storia
dell’ultimaavvelenatrice giustiziata a Parma nel 1840. Da questo libro
ricaveremo presto una sceneggiaturacinematografica e poi vedremo quello
che succede.
Filmografia
- - DOPPELGANGER (2015)
- - La Scatola Rossa:
DOPPELGANGER Episodio 2 (2016)
Gian Guido Zurli, nato a Parma nel 1977, è regista e
sceneggiatore.
Si occupa soprattutto di montaggio video di contenuti per il
web, video musicali e narrativi.
Tra il 2014 e il 2017 ha realizzato una trilogia mystery-horror
costituita dai film DOPPELGÄNGER, La Scatola Rossa –
DOPPELGÄNGER Episodio 2 e Déjà-Vu: DOPPELGANGER Capitolo
Finale; tutti distribuiti su Amazon Prime Video.
La prima parola a cui ho pensato dopo aver letto le risposte di Emanuele
è stata “entusiasmo”.
La passione di un regista che ama incondizionatamente il cinema. Cinema
inteso non solo come abilità tecnica ma soprattutto come momento empatico e di
condivisione con i collaboratori, gli attori, il pubblico. Ciò che traspare è come
Emanuele si diverta durante la realizzazione dei suoi film. A partire dalla
scrittura della sceneggiatura, con il suo amico di sempre Dario D’Ambrosio, passando
per le riprese, il montaggio e infine, momento che suggella il processo
creativo, la proiezione dei suoi lavori al pubblico. Ed è proprio al pubblico
che Emanuele sembra essersi genuinamente e incondizionatamente donato.
Riferimenti culturali
1) Da
dove nasce il tuo amore per il cinema?
Una
sera, nella allora casa nuova di Felino, mia madre mi disse: “Stasera ci
guardiamo un bellissimo film in TV.” EraRitorno Al Futuro. E per la prima volta ho vissuto un film. Una
delle migliori sceneggiature di sempre. Al termine, lavandoci i denti, ho
chiesto come regalo di Natale un videoregistratore.
2) Quali
sono i tuoi registi di riferimento?
Steven Spielberg, perché è un vero e
proprio narratore e non si fossilizza su un unico genere. Lo adoro, specie in
anni come questi dove ci regala due racconti diametralmente opposti (The Post e Ready Player One). Con l’uscita di Jurassic Park, in TV ci
fu un backstage integrale di un’ora, narrato da James Earl Jones. Mi rese
partecipe della magia del cinema, alla quale contribuiscono centinaia di
persone. Questo senso di squadra e missione mi ha fatto capire immediatamente
che avrei inseguito il sogno di realizzare film.
Adoro
poi Cameron Crowe, quanto la musica
pervada i suoi lavori e per come si innamora dei suoi personaggi. Per me è
l’ultimo dei romantici.
Last, but not least: Baz Luhrmann, perché ha una visione
immaginifica e un occhio da musical teatrale, anche quando non si parla di Moulin Rouge. Sfarzoso, ma per farti
scendere alle emozioni più dirette e viscerali. Che siano visive o
sentimentali.
3) Quali
film annoveri tra i capolavori?
Jurassic Park, Titanic, Ritorno Al Futuro, Salvate il
Soldato Ryan, Vanilla Sky, Moulin Rouge, La La Land, Inception, Cantando Sotto La Pioggia.
4) Quali
sono i film che riguarderesti all’infinito?
Ancora La La Land, poi Elizabethtown, I Sogni
Segreti di Walter Mitty, Il Grande
Gatsby, Collateral, The Greatest Showman, Pleasantville, C’è Posta Per Te.
5) Quali
sono i gruppi e/o cantanti che ascolti abitualmente?
Dei
Bon Jovi, di Bruce Springsteen e di Hans Zimmer non perdo un’uscita. Ma sono
più un fanatico di musical. Seguo ogni stagione di Broadway con grandissima
curiosità, con attenzione ad ogni nuovo musical in uscita. Credo che al giorno
d’oggi sia la forma d’arte più completa. Quando posso permettermelo corro a New
York e mi faccio una scorpacciata di teatri. Magia pura.
6) Quali
sono i libri e gli autori letterari che ami?
Leggo
molti libri sul processo creativo di grandi blockbuster americani. Poi Fitzgerald.
Ad
oggi sul comodino ho però Quando Gli
Uomini Diventano Eroi di Jon Krakauer, Il
Cane, il Lupo e Dio di Folco Terzani. Sono smanioso di leggere Tipi Non Comuni di Tom Hanks.
Il processo creativo
7) Da
quali idee/influenze nascono i tuoi lavori?
Spesso
nascono da storie di vita vissuta, a volte ai limiti dell’assurdo, e da
elucubrazioni e voli pindarici col mio amico di sempre Dario D’Ambrosio. Creativamente ci completiamo. Anche se devo
l’ultima fatica cinematografica al mio “più caro e distante vicino di casa”, Joshua W. Scott, cantautore di Seattle
conosciuto grazie alla rete dei festival.
8) Quando
trovi il tempo per scrivere il soggetto e la sceneggiatura?
Sono
molto fortunato ad avere chi mi propone sceneggiature e spunti su cui elaborare
un tessuto narrativo. In questo modo ognuno contribuisce con le proprie abilità.
Ovviamente io mi concentro su come rendere una scena in immagini.
Adoro
che ci sia questo tipo di compenetrazione tra la visione dello sceneggiatore e
quella del regista. Con Dario ad esempio, a lavoro ultimato, non ricordiamo mai
chi dei due abbia proposto per primo un’idea.
9) Cortometraggio
o lungometraggio? Perché?
Lungometraggio,
perché amo sviluppare i personaggi. Non mi sento tanto portato per le “idee
geniali” che dovrebbero stare alla base di un buon corto, che in pochi minuti
deve andare dritto al punto. Tuttavia mi è capitato di collaborare di recente
con professori e scuole su idee dirette, belle ed educative.
10) Le
scene sono frutto di immaginazione o attingi da racconti ed esperienze di vita?
La
vita è così ricca di spunti che è impossibile lasciarseli scappare. Così come
il sonno: molte idee le prendo da certi sogni.
Rollercoaster Love, ad esempio,
nasce da una delle mie peggiori esperienze di vita. Mi sono tenuto calmo
dicendomi che quelle vicissitudini sarebbero diventate un film. Così è stato, dodici
anni dopo, col giusto distacco e rielaborazione creativa.
L’idea
di Forever Bright, invece,
che Dario sta al momento scrivendo, nasce da una sensazione che mi ha lasciato
un sogno (che parlava di tutt’altro) e che vorrei trasferire al pubblico.
11) I
personaggi sono ispirati a persone reali?
Solitamente
sì. Ma solo nelle sfumature. A volte metto da parte alcuni spunti per una sceneggiatura
futura. Sono invece i ruoli secondari quelli a cui amo riservare frasi di
nostri amici o situazioni “iconiche”.
12) Sei
incline a pensare ad ambientazioni e personaggi in un contesto comico,
drammatico o fantascientifico?
Direi
un giusto equilibrio tra comico e drammatico. Come la vita, appunto. Ogni
giorno scendiamo dal letto e andiamo incontro a una trama indefinita. Speriamo
di poterci tornare col sorriso, ma a volte ci corichiamo delusi o abbattuti.
Mi
meraviglio sempre del fatto che adoro il genere drammatico ma, nei fatti, mi
sento più portato per la commedia.
C’è già così tanta tristezza nel mondo!
13) Cosa
cerchi di comunicare? A chi?
A
me stesso o a chi guarda i miei film? Penso che fare cinema sia un po’ come tenersi
allenati sul significato della vita. Riscoprire la condivisione, la scoperta. Il
meravigliarsi. A me succede quando realizzo l’interazione che nasce a livello umano
sul set, anche solo lavorando in gruppo a piccoli progetti (che per noi sono grandi
sogni). Si creano momenti, si fissano ricordi. Si è parte di qualcosa da cui
spero possa continuare a trasparire genuinità e voglia di condivisione.
Credo
che raccontare storie, senza grandi budget, oggi sia assolutamente possibile.
Per continuare a conoscere, conoscersi e continuare ad imparare.
Con Claudio Coloretti durante la lavorazione di Dreaming Alaska
Processo realizzativo
14) Come
scegli gli attori?
Spesso
mi baso sulle sensazioni. Non
trascuro però un confronto sul progetto e sul contributo che potrebbero dare
unendo allo script aspetti della loro personalità.
15) In
base a cosa scegli le location?
In base
a quanti mondi e soluzioni si prefigurano per le inquadrature e le sensazioni
che possono generare con e nei personaggi che le calcheranno. Cerco di
immaginarmi una sorta di montaggio finito già mettendovi piede la prima volta.
16) Preferisci
girare in interni o in esterni?
Di
gran lunga in esterni, sfruttando le
condizioni di luce naturale e le variabili che le location ti impongono. Questo
per uscirne con nuove idee e soluzioni, grazie a quel gusto per la sfida che si
genera solo quando ti trovi a dover fronteggiare problemi come il tempo che
stringe, il meteo che varia, ecc.
Twelve Conversations invece è stato girato per sette
giorni sempre nello stesso negozio di dischi sotterraneo: lì è stata sfidante
la ricerca del non essere ripetitivi.
17) Che
macchina da presa utilizzi? Qual è il suo maggior pregio?
Nei
tre lungometraggi che ho realizzato fino ad ora ho utilizzato una Sony NEX VG-10E. E’ stata la prima
della serie, con corpo da videocamera e sensore fotografico. L’obiettivo 18-200
in dotazione dà molta libertà e grazie al sensore restituisce effetto e pasta
molto cinematici. E’ inoltre pratica e maneggevole. Con una macchina
fotografica, per quanto ormai generino immagini incredibili, non riuscirei mai
a girare. Devo infatti sentire la videocamera come un mio prolungamento. Con le
reflex devi aggiungere troppi elementi affinché restituiscano questa sensazione.
La Sony è un ottimo compromesso qualità/prezzo.
18) Qual
è il tuo movimento di macchina preferito? Quale usi più spesso?
Adoro
come una carrellata lenta, su un primo piano, ti faccia leggere dentro
agli occhi di un personaggio.
La
prima volta che ho potuto usare una piccola gru è stata però una grande
emozione. Ma non amo il “guarda-che-bell’-oggettino-mi-sono-comprato-e-cosa-so-fare”.
Preferisco focalizzarmi sulla narrazione.
19) Com’è
organizzata una tua giornata di riprese?
Si
arriva sul set, pronti ad iniziare e a portare a casa l’obiettivo prefissato. Però
voglio che ci si senta come in famiglia. Nel senso che c’è tempo per scherzare,
consci del fatto che non siamo lì a salvare il mondo ma per ottenere il massimo
da tutti, divertendoci.
Penso
infatti ci voglia una buona dose di autoironia nel lavoro come nella vita. E
orecchie, occhi, ma soprattutto cuore aperto. In modo da capire se il momento o
la location ci stanno suggerendo di valutare di modificare i nostri piani per
ottenere qualcosa di meglio rispetto a ciò che avevamo preventivato.
20) La
sceneggiatura cambia in corso d’opera?
Sì.
Nelle sfumature soprattutto. Amo indirizzare gli attori su un sentiero
immaginario. Una volta che hanno capito dove siamo diretti, mi piace possano far
trasparire la loro unicità nel racconto. Senza mancare di rispetto alla
sceneggiatura, però.
21) Lasci
i tuoi attori liberi di improvvisare?
Più
che altro li lascio sperimentare. L’improvvisazione fine a se stessa credo
possa avere spazio soltanto se la situazione lo richiede. A meno che non si
crei un momento che senti di voler assolutamente catturare perché funziona.
22) Quali
indicazioni dai più spesso ai tuoi attori?
Di
lasciarsi andare e non pensare troppo. Si rischia di perdere spontaneità e unicità.
23) Hai
dei collaboratori?
Oltre al già citato Dario D’Ambrosio, con cui
condividiamo praticamente ogni progetto, anche quelli non scritti di suo pugno,
collaboro spesso con Claudio Coloretti
(Fondazione Teatro Due) per quel che riguarda fotografia e illuminazione. E’
venuto con noi anche a Port Townsend a gennaio. Senza il suo tocco e la sua
fiducia avrei le ali tarpate.
Per
quel che riguarda le canzoni, abbiamo collaborato sia a Dreaming Alaska (con score strumentale di Vito
Lafiandra e un brano dei Passo Carrabile) sia a Rollercoaster Love con
gli Earthist e nello specifico Federico Ronchini (una delle menti del gruppo,
anche lui felinese doc).
Abbiamo
invece conosciuto il cantautore dell’area di Seattle Joshua W. Scott grazie al
web, inserendolo nella soundtrack di Dreaming Alaska. Il destino ci ha fatti
incontrare al primo festival americano a cui abbiamo partecipato e da lì è nato
un vero e proprio sodalizio. Le sue opere sono state utilizzate nei
cortometraggi didattici realizzati con le scuole e nella colonna sonora di Rollercoaster
Love, per il quale ha scritto appositamente Wonder Wheel. Nel novembre
del 2016, dopo una nostra visita dalle sue parti, ci ha rivelato di voler
scrivere una sceneggiatura che avrebbe voluto farmi dirigere. Da questa
intenzione è nato Twelve Conversations.
24) Quanto
è importante la musica nei tuoi film? Dove preferisci utilizzarla?
Dire
che la musica sia per me fondamentale è riduttivo. La adoro perché è
universale. Setta il tono e la tavolozza delle emozioni. Mi serve per suggerire
al pubblico il modo in cui deve approcciarsi a quello che sta vedendo e a
quello che stanno vivendo i personaggi. Spesso mi guida per montare una scena,
anche se poi quella stessa scena non includerà musica.
25) Quanto
ritieni sia importante il montaggio?
Il
montaggio è la terza rinascita di un film. Nasce quando lo scrivi, rinasce sul
set, quando hai modo di gestire al meglio le variabili, e rinasce
definitivamente in sala montaggio. Credo sia importante avere il montaggio già
in testa sul set.
Durante la lavorazione di Twelve Conversations
Il prodotto finito
26) Quali
canali sfrutti per diffondere le tue opere?
Mi
avvalgo di piattaforme quali Withoutabox
e Film Freeway per trovare i festival
più adatti al progetto. Senza tralasciare i rapporti umani e le occasioni per portarlo
là dove c’è curiosità verso film autoprodotti.
27) Pensi
subito di partecipare a qualche concorso o la decisone dipende soprattutto dal
risultato finale?
Il
film nasce per essere proiettato. Quindi nel momento in cui si decide di farlo,
l’auspicio è quello di portarlo a più persone possibili. Non iscriverlo a concorsi
sarebbe stupido e significherebbe aver sbagliato qualcosa in fase realizzativa.
28) Hai
vinto qualche premio/riconoscimento? Con quali opere?
Con
Dreaming Alaska abbiamo ricevuto 9 riconoscimenti internazionali, tra
cui il Creative International Award al Columbia Gorge Film Festival (Vancouver,
Washington), il Golden Ace Award al Las Vegas e il premio “Miglior Regia”
a San Francisco. Ci ha fatto capire che sognare di fare film che fossero visti
da un pubblico che non fossero gli amici e i famigliari era possibile e
ripagava più di ogni sforzo nel realizzarli.
Con
Rollercoaster Love abbiamo apprezzato di essere stati finalmente riconosciuti
in Italia, con il marchio “Oro Invisibile” e il premio “Miglior Film” da parte
dell’Organizzazione di Inventa Un Film a Lenola (LT). Recentemente il
film si è aggiudicato il Legacy Bullet Award all’Angaelica Film Festival
di Big Bear Lake, con una giuria formata da co-organizzatori del famoso Slamdance,
la ghirlanda d’argento all’Honolulu Film Festival e ci hanno
riempito di soddisfazione le 5 Nomination e il premio come Miglior Feel-Good
Movie al Sydney Indie Film Festival.
Vedere
che il pubblico segue, si immedesima, vedere gli occhi e i sorrisi al termine
delle proiezioni… questo però è il riconoscimento più grande per tutto il tempo
e la passione che ci metti.
29) Sei
soddisfatto dei tuoi lavori? Quale ti rappresenta maggiormente?
Parlavo
il mese scorso con qualcuno di quanto si vorrebbe eternamente ritoccare una
propria opera.
Per
me questo discorso non vale. Sarà forse perché ogni volta che rivedo un mio
progetto ripenso allo scambio umano che ho ricevuto. Ed è ciò che mi basta e mi
appaga.
Se
devo fare un esempio però posso dire che in Dreaming Alaska c’è l’inizio,
ovvero l’avere un sogno. E infatti ci siamo anche io e Dario da piccoli, quando
sognavamo l’Alaska in un piccolo corto girato quando avevamo rispettivamente 13
e 11 anni. In Rollercoaster Love invece,
che come dicevo nasce dalla rielaborazione di un vissuto personale, ci
sono i su e giù dell’amore e della vita. In Twelve Conversations c’è la
voglia di non perdere il dialogo. Dirsi le cose in faccia, dal vivo.
Sperimentare. Buttarsi. Perché nella vita non si sa mai... E’ troppo facile
rinunciare ai propri progetti per rimanere nella propria comfort zone.
30) Progetti
futuri?
Il nuovo film Twelve Conversations, girato in lingua inglese
negli USA con attori americani, a Port Townsend, stato di Washington (che già
fece da sfondo a Ufficiale e Gentiluomo e La Neve Cade Sui
Cedri), lo
vedremo a settembre. Quando ho letto la sceneggiatura ho pensato che sarebbe
stato un film che avrei voluto nella mia personale collezione. Averlo potuto
dirigere è stato un onore immenso, così come il potermi misurare con uno stile
di scrittura differente da quello di Dario. La prima stesura è praticamente un
testo teatrale. Mi piacerebbe adattarlo un giorno. Vedremo quale festival gli
darà spazio per primo e poi lo presenteremo anche a Parma.
Tornerò
a lavorare in team con Dario per Forever
Bright, una sorta di chiusura ad una ipotetica trilogia sulla vita. Un
film sull’amicizia e sulle dinamiche di un piccolo centro abitato. La
sceneggiatura è in fase avanzata e siamo smaniosi di capire con quale località
potremo avviare una vera e propria collaborazione per realizzarlo. È più
probabile però che torneremo presto a collaborare cimentandoci con un format televisivo
in pillole. Siamo smaniosi di capire dove ci porterà questo viaggio.
Poi
c’è sempre il musical teatrale, l’altro mio grande amore: tra aprile e maggio presenteremo
due adattamenti esclusivi in Italiano, Basta Un Assaggio e Caro Evan Ti
Scrivo, per poi tornare in estate con gli ArtistiSenzaNome a riproporre il
mitico Joseph e la Strabiliante Tunica dei Sogni In Technicolor che ci
portò tanta fortuna tra il 2006 e il 2008, stavolta in occasione del
50°Anniversario da quando Andrew Lloyd Webber e Tim Rice l’hanno composto nella
sua prima forma.
In
realtà al momento vorrei solo poter finire di intervistare il cast di Rollercoaster
Love per poter finalmente fare uscire il blu-ray e il DVD ricco di extra,
da donare innanzitutto ai miei innumerevoli collaboratori senza il supporto dei
quali non potrei nulla e ai nostri preziosissimi crowdfunders che non mancano
mai di sostenerci.
Emanuele Valla è nato
a Parma il 4 aprile 1983. Vive a Felino. Si e diplomato in Regia e Produzuzione
Cinematografca all’Accademia Nazionale Arti Cinematografche di Bologna.
Fin dall’eta di 9
anni realizza corto e mediometraggi e da oltre dieci anni realizza montaggi
video per ditte e privati.
L’inesauribile
passione per il cinema lo porta a scrivere e dirigere nel 2002 il film James
Blond, che ironizza sugli action movie.
Nel 2008 il corto da
lui montato C'era Un Ragazzo... Un Partigiano (regia di Valeria Fochi) si aggiudica
il secondo premio al concorso “Parma Incontra il Suo Territorio”, indetto da Fondazione
Cariparma. Allo stesso concorso partecipa anche con l'Istituto Comprensivo Guatelli
di Collecchio PR, con il cortometraggio E Un Eroe Scese Dal Cielo, da lui
scritto e diretto.
Nel 2011 ha diretto
il suo primo lungometraggio intitolato Dreaming Alaska un road
movie (dramedy) sulla vita e i sogni lasciati troppo a lungo a marcire in un
cassetto, scritto dall'amico e collaboratore Dario D'Ambrosio.
Il suo ultimo
lungometraggio sugli alti e bassi dell'amore, Rollercoaster Love, vienepresentato
in anteprima al The Space Parma Campus il 21 Marzo 2016 per poi farsi strada
nei festival nazionali ed internazionali.
Di recente ha firmato
la regia video di Multas Per Gentes, cortometraggio dell'Istituto Comprensivo di
Felino (regia teatrale Valeria Fochi, Lucia Perego) che ha ricevuto il Premio
Speciale della Giuria al concorso “Migrantes Parmenses” indetto da Fondazione Cariparma.
E’ stato assistente
alla regia per la fiction Mediaset La Figlia di Elisa: Ritorno a Rivombrosa
per le riprese in provincia di Parma.
Nel 2003 ha fondato ArtistiSenzaNome, con la volontà di
allestire spettacoli teatrali musicali valorizzando le doti artistiche di
ragazzi di provincia, con l’intento principale di “divertire divertendosi”.
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