venerdì 30 aprile 2010

È ancora possibile la poesia? (Una considerazione)


Da decenni la poesia, più che essere un genere letterario fruito da un pubblico spontaneo di lettori, è diventata il simbolo della libertà creativa – usata e abusata da tutti – nonché un dovere scolastico.
Inoltre, l’arte di leggere la poesia è diventato un esercizio fine a sé stesso in quanto condotto in assenza di regole: questo è dimostrato dall’assoluta mancanza di iniziative editoriali volte alla diffusione della poesia e dalla proliferazione di guitti che declamano opere poetiche spogliandole dalle loro qualità metriche.
Quanto alla descrizione testuale, succede spesso che il popolo dei poeti si offenda, covi risentimento e giuri vendetta ai detrattori.

È, dunque, ancora possibile l’esercizio poetico?
Vorrei rispondere citando Alfonso Berardinelli:
«La poesia è un artigianato che si impara sia mettendosi a scrivere esercitando un sufficiente grado di autocritica, sia leggendo e rileggendo, memorizzando o traducendo una certa quantità di poeti del passato». E ancora, in riferimento ai poeti fai-da-te: «Oggi si ha l’impressione che troppi autori partano da zero, o solo da se stessi. Un segnale in senso contrario è stato il cosiddetto “neometricismo”, che però solo in pochissimi risponde a una vera necessità espressiva. Per il resto si tratta, […], di una moda come un’altra […]».
(da «Il Sole 24 Ore», Domenica, 25 aprile 2010, p. 34).

giovedì 22 aprile 2010

Economisti nuovi intellettuali



Come potete vedere in questo video l'economista Michele Boldrin, residente negli USA da più di vent'anni, ha messo in discussione il Palazzo ed il "sistema Italia".
Ma questi attacchi una volta non erano prerogativa di scrittori e intellettuali? I nuovi punti di riferimento saranno gli economisti? Parole dure, parole forti quelle di Boldrin a Ballarò dello scorso 20 aprile. Parole condivisibili. Però, avrà proprio ragione lui?
O è Soru che ha individuato il vero problema?

mercoledì 21 aprile 2010

Perchè "L'immagine allo specchio"?


Ho deciso di chiamare questo blog L’immagine allo specchio mutuando l’espressione dal titolo di un film di Ingmar Bergman (foto sopra). Ho scelto questo titolo come reazione ad una morbosa tendenza dei nostri giorni, ovvero quella di guardare tutto ciò che accade dal buco della serratura. A differenza di questa azione credo che lo specchiarsi faccia sorgere in chi si guarda una molteplicità di domande alle quali, spesso, non si possono dare risposte esaurienti. Ecco allora che questo atto diventa spesso motivo di vertigine e spaesamento. Ma è proprio da questa precarietà che si possono trarre informazioni utili almeno per un atto di autocoscienza.

Questo blog è indubitabilmente il mio specchio, uno spazio di ricerca ed approfondimento che mi sono ritagliato nel web. Ma spero che questo specchio potrà essere utile anche a voi visitatori. È per questo che mi impegnerò a fondo per cercare di approfondire nel modo più corretto possibile i temi del corso di Informatica applicata al giornalismo del Professor Lelio Alfonso e cercherò di esprimere giudizi su società, cultura e politica che siano necessariamente il risultato di un’indagine critica della realtà che ci circonda.

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