American Sniper
di Clint Eastwood
con Bradley Cooper, Sienna
Miller, Kyle Gallner, Luke Grimes
Biografico, Guerra, 132 min., USA, 2014
Il
texano Chris Kyle (Bradley Cooper) si arruola nell’esercito e diventa cecchino
nei Navi SEAL. Il battesimo avviene in Iraq, dove si apposta sui tetti per
proteggere le operazioni a terra dei suoi commilitoni. Grazie alle numerose
uccisioni diventa ben presto una leggenda per i compagni e una minaccia per i
nemici. Ma alla gloria sul campo corrisponde un allontanamento dalla famiglia e
un aumento dei problemi di salute (mentali più che fisici) nei periodi di
congedo. Combattere diventa un’esigenza che non gli permette di reinserirsi
nella vita civile. Kyle troverà pace solo grazie all’amore della moglie (Sienna
Miller) e ad una nuova missione, addestrare al tiro persone con gravi
menomazioni fisiche che, gioco del destino, gli sarà fatale.
Tratto da una
storia vera, American Sniper tralascia
qualsiasi intento documentaristico per concentrarsi sulle traversie (interiori
ed esteriori) del suo protagonista. Non ci troviamo dunque di fronte ad una
ricostruzione minuziosa delle operazioni di guerra alla Zero Dark Thirty (Kathryn Bigelow, 2012), bensì ad un film
hollywoodiano dall’impianto classico in cui ci si focalizza sulla personalità
del personaggio principale cesellandola grazie ad elementi retorici funzionali alla
narrazione quali la storia d’amore con la moglie, i duelli con un nemico che
incarna il suo opposto, le reazioni alle tragiche dipartite sul campo dei
compagni di battaglia, i dolorosi ritorni a casa. Come prima cosa, Eastwood sembra
però voler mettere al centro un dubbio che è sociale e morale insieme: Chris
Kyle è un cecchino che, nonostante le oltre 160 uccisioni accreditate al suo
attivo, non si sente tale. Ai tetti dai quali si apposta per sparare in
solitaria preferisce combattere in strada con i suoi compagni di brigata. Si
trova quindi, come per uno strano gioco del destino, a sentirsi chiamato “The
Legend” perché, come spesso accade, gli eserciti hanno bisogno di eroi per trovare
quelle motivazioni di cui una guerra di difficile giustificazione spesso difetta.
A dirla tutta Kyle non era neanche il più “leggendario” tra i cecchini. Le
cronache di guerra riportano che la sua uccisione a 1,9 chilometri non è un record,
se si considera che altri soldati, appartenenti a corpi meno blasonati, sono
riusciti a colpire il loro bersaglio a più di due chilometri di distanza.
L’eroe
che non è e che non si sente tale diventa paradigma per una riflessione sull’interiorità
dei combattenti che, partiti pieni di ideali (Dio, Patria e Famiglia), tornano
ipertesi, svuotati, senza riconoscibilità sociale. Attraverso le vicissitudini
di Kyle, Eastwood non fa altro che riproporre le tematiche legate al problema
dei reduci, in passato persone dalla vita distrutta dalla leva obbligatoria,
ora automi spinti a combattere dal contesto in cui vivono (zone depresse e
permeate da un nazionalismo esasperato in cui, per cultura, si comincia a
sparare sin da bambini). Per affinità tematiche, il film si pone dunque in
linea di continuità con opere quali Orizzonti
di gloria (Paths of Glory,
Stanley Kubrick, 1957), La sottile linea
rossa (The Thin Red Line,
Terrence Malick, 1998) e, ancor di più, con Il
cacciatore di Michael Cimino (The
Deer Hunter, 1978).
Con la sua ultima opera, Eastwood ci vuole far capire l’essenza
della guerra e i suoi indelebili effetti su chi ne prende parte. La chiave
interpretativa ce la fornisce in grande stile, ovvero attraverso una battuta di
uno dei suoi personaggi: “Avevamo una rete elettrificata attorno alla nostra
proprietà in Oregon e noi bambini ci attaccavamo per vedere chi riusciva a
resistere più a lungo. La guerra è così, ti mette una scarica di elettricità
nelle ossa, ma se ti stacchi muori.”
Voto: 3 ½ su 5
(Film visionato il 2
gennaio 2014)
1 commenti:
Bellissima recensione! A me è piaciuto davvero molto questo film!
Miss Piggy
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