Una promessa
di Patrice Leconte
con Rebecca Hall, Alan
Rickman, Richard Madden
Sentimentale, 98 min., Francia, Belgio, 2014
Germania,
1912. Friedrich (Madden), orfano di umilissime origini, viene assunto da
un’acciaieria. Il proprietario (Rickman), colpito dalle sue capacità, lo
promuove a segretario personale fino ad “adottarlo” nella propria magione. La
convivenza gli comporta una crescente familiarità con il figlio e, soprattutto,
la moglie dell’industriale, Charlotte (Hall). I due cercheranno in tutti i modi
di trattenere i loro sentimenti. Proprio quando potrebbero darne libero sfogo
ecco che la guerra e nuovi impegni lavorativi del giovane ne separeranno le
esistenze. È proprio in questo momento che i due cercheranno di rendere
inscindibili i loro destini, con una promessa.
Tempi dilatati, estasi
platoniche, promesse da mantenere. Leconte si inerpica nel difficilissimo
sentiero della trasposizione cinematografica di un’opera letteraria (Viaggio nel passato, Stefan Zweig) tutta
incentrata su un sentimento amoroso (semplificando, noi spettatori dovremmo
vivere empaticamente le vicissitudini sentimentali dei due protagonisti). Purtroppo,
nonostante la buona tecnica utilizzata, la regia è fin troppo didascalica e le
imprecisioni ragguardevoli. Approssimativa è la ricostruzione di un’epoca, affidata
alle ripetitive scene in interni, come assolutamente ingiustificata è la scelta
di attori e ambientazioni in esterno evidentemente anglosassoni a dispetto di
una storia totalmente ambientata in Germania (discrepanza resa ancora più evidente se si
vede il film in lingua originale, ovvero in inglese!). L’obiezione che si
potrebbe muovere è che l’opera si vuole accontentare di mettere al centro di
tutto una storia d’amore, scevra da qualsiasi tipo di sovrastruttura storica e sociale.
Tuttavia è proprio la tensione erotica che dovrebbe innervare la storia a fare
sentire inesorabilmente la propria mancanza, vuoi per la recitazione
“contemporanea” dei due attori protagonisti, vuoi per il patetismo di certe
scene che sconfina nell’assurdo (v. la scena del pianoforte). Ne esce così
un’opera tutto sommato gradevole, a condizione di considerarla come un superficiale
feuilleton. Poteva invece essere l’occasione per realizzare una più profonda
riflessione sui ruoli e le convenzioni sociali e sentimentali d’inizio
Novecento.
Voto: 2 su 5
(Film visionato il 3 ottobre 2014)
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