sabato 19 ottobre 2013

Le Correzioni di Jonathan Franzen. Recensione

Mirabile affresco del Midwest americano, il romanzo di Franzen ritrae i fallimenti dello sforzo educativo teso a correggere le deviazioni dalla “regola” rigida e tradizionalista del Dopoguerra.
Emblema di questa inadeguatezza sono gli anziani coniugi Lambert, Enid e Alfred, alle prese con la malattia di quest’ultimo e con le delusioni di un’esistenza agli sgoccioli, incapaci di approvare le scelte dei loro tre figli ormai adulti, trasferitisi sulla costa per sfuggire alle pressioni di una famiglia troppo ingombrante.
Ognuno di loro, nonostante un lavoro prestigioso e una vita esteriormente gratificante, è irrimediabilmente condannato all’infelicità: Gary, dirigente di banca, vittima di una depressione strisciante e di una moglie immatura; Chip, che perde il posto di professore universitario per avere avuto rapporti sessuali con una studentessa; Desirèe, chef di successo, che dopo il divorzio dal suo capo intreccia una discutibile relazione con un uomo sposato e poi con la moglie di questo.

Di fatto, ognuno dei protagonisti avrebbe tutte le carte in regola per aspirare ad un briciolo di felicità o, perlomeno, di appagamento, ma le loro esistenze sono talmente confuse e ricche di orpelli, talmente basate sull'apparenza e l’esteriorità, che non possono fare altro che andare avanti per inerzia.
I personaggi di Franzen, insomma, sono i perfetti prototipi della degenerazione della cultura occidentale: uomini e donne della media borghesia, senza particolari problemi ma depressi e insoddisfatti, che trovano negli psicofarmaci e nelle droghe un caldo rifugio e sono circondati da persone che non fanno altro che mettere in luce le loro mancanze e debolezze.
L'autore americano è davvero abile nel tratteggiare i propri caratteri, umanizzandoli e ritraendoli ognuno con qualità peculiari e individuali.

Il personaggio a mio avviso più interessante è senza dubbio Chip, intellettuale di 39 anni ossessionato dal sesso, animato da velleità sovversive e anticonformiste, ormai troppo vecchio e patetico per gli abiti di pelle che indossa.
Nonostante le nobili intenzioni, è una caricatura di se stesso, ancora dedito alla vana ricerca di approvazione da parte dei genitori, segretamente giudicati responsabili per l’uomo che è diventato.
Il suo vero problema, infatti, è la mancanza di autostima, acuita non solo dai rapporti famigliari, ma anche dall’indifferenza dei propri studenti ai temi di critica sociale che egli potentemente veicola durante le sue lezioni universitarie e che rimangono sostanzialmente inascoltati: «Tutti quei critici che si danno tanta pena per lo stato della critica. Nessuno che sappia dire di preciso che cosa non va. […] E chi crede di essere libero non è “davvero” libero. E chi crede di essere felice non è “davvero” felice».
Quasi come una forma di protesta contro il declino della società occidentale, Chip si fa sedurre dalla giovane e avvenente Melissa, la studentessa che meno si mostrava interessata alle sue lezioni, testimoniando suo malgrado che il sesso è sicuramente uno dei due motori della società americana, ovvio compendio al secondo motore, costituito dai soldi.
Contro questa certezza si era dovuto scontrare a sue spese lo stesso Chip, il quale «sino a poco tempo prima […] credeva che in America si potesse avere successo senza guadagnare un sacco di soldi».

Puntuale contraltare alle velleitarie aspirazioni del figlio, è la madre Enid, il cui mondo è a tal punto un «miracolo di perbenismo» che è in grado di emozionarsi per un’enorme piramide di gamberetti veduta al matrimonio dei ricchi vicini di casa e addirittura si sente offesa quando, durante una crociera autunnale a lungo sognata, il marito Alfred spezza l’atmosfera di eleganza cadendo involontariamente in mare.
In sostanza Enid non riesce a comprendere i bisogni emotivi degli altri, forgiando nella sua mente i figli e il marito ad immagine e somiglianza di quanto ella si è prefissata a tavolino: «i suoi figli non erano intonati all’ambiente. Non volevano le stesse cose che volevano lei e tutti i suoi amici e tutti i loro figli».

Franzen riesce a trasmetterci con grande efficacia e in modo assolutamente credibile i pensieri e le emozioni dei personaggi, strutturando una tecnica narrativa che tornerà anche nel successivo Libertà, caratterizzata dal ricorso a continui flashback funzionali ad ambientare solo una parte del racconto nel tempo presente, quando l’azione descritta si è ormai già svolta.
Ne deriva un potente senso di irrimediabilità che avvolge l’intero romanzo e che in forma maggiore di quanto accadrà in Libertà, qui si colora di tinte più tragiche e claustrofobiche, nella visione di un passato ormai irrecuperabile.

Jonathan Franzen, Le Correzioni, Torino, Einaudi, 2005.

2 commenti:

Insane Bazar ha detto...

Bellissima recensione! Lo devo leggere assolutamente ;)

Miss Piggy

L.Z. ha detto...

Grazie!
Te lo consiglio, a me è piaciuto molto, poi sono curiosa di sapere la tua opinione!

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