martedì 16 novembre 2010

Cutis - Giuseppe Ielasi


Foto di Gabriella Gallo

Cutis. La pelle si fa suono

Il pubblico, una trentina di persone disposte a semicerchio, attende che Giuseppe Ielasi, sound artist milanese, faccia il suo ingresso. Lo aspetta una scrivania che sembra un altare: un computer portatile sulla destra, un mixer saldamente posizionato al centro. Una lampada da tavolo spande una luce fioca, bluastra. Qualche istante e si spengono le luci. Ielasi compare da un angolo buio e si siede su un alto sgabello. Ora ha il pieno dominio sui suoi strumenti. Ora è pronto per eseguire Cutis, brano elettroacustico realizzato appositamente intorno al tema della quindicesima edizione del Festival Natura Dèi Teatri.

Nel buio della sala i suoni cominciano gradualmente ad appropriarsi dello spazio circostante materializzando un ambiente sonoro. Dapprima schiocchi, poi colpi. Sempre più ritmati, sempre più penetranti. Pioggia. Bagliori di rumori metallici. Corde pizzicate. Rumori gommosi, che rimbalzano in serie infinite. Una pelle sembra tendersi, fino a strapparsi. Fa male. E ancora scariche elettriche, passi, borbottii lontani, sfrigolii e sfarfallii metallici. Quiete. Improvvisamente un respiro. Pesante, affannoso. Che si insinua e gira vorticosamente in un tubo per poi uscire e diventare aria, vento. E nell’aria un cinguettio, accompagnato dal ronzio di un montacarichi che si alza e si abbassa introducendo un rito tribale – percussioni distorte sempre più cadenzate – in uno spazio post-industriale.

Ielasi muove i comandi del mixer con precisione chirurgica, facendo sempre attenzione allo schermo del laptop su cui può selezionare registrazioni di suoni provenienti da diverse superfici: percussioni, finestre, pelle umana. Su di lui una serie di led blu formano un arco stellato. Ora un carretto cigola nella tempesta. La pioggia cessa e, in lontananza, una melodia distorta che sembra uscire da una vecchia radio a valvole si appropria gradualmente del rumore e lo sostituisce. Completamente. Ma la musica viene subito disturbata da gocce che si infrangono su uno specchio d’acqua. Il rumore liquido diventa penetrante – più forte, sempre più forte – sino a trasformarsi in schiocchi di frusta. Colpi di frusta nell’aria e squittio di topi, che sembrano camminare su pelle tesa. Porte che vengono chiuse, ratti, scatole metalliche che cadono fragorosamente. Concitazione. Confusione. Agitazione interrotta da note d’organo dall’intensità crescente. Il volto del demiurgo è l’unico elemento umano illuminato nella sala. L’estasi viene fermata da interferenze elettroniche. Poi calma. Poi sciabolate nell’aria. Ancora silenzio. Un motorino dal suono ovattato ci riporta alla realtà. Stasi. Applausi.

Cutis > Giuseppe Ielasi
Sala Majakovskij/Lenz Teatro
31 ottobre 2010 h. 22.30

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