mercoledì 2 febbraio 2011

Un amore di escort

Stamattina ad Agorà, la trasmissione condotta da Andrea Vianello su Raitre, hanno intervistato una escort, una donna sui trentacinque anni, che ha raccontato di avere iniziato a fare questo lavoro tre anni fa, dopo un’esperienza come operaia e una lunga disoccupazione.

Ha confessato con onestà di essere stata attratta verso questo mondo dai soldi facili e dal gran numero di clienti, che le assicuravano guadagni eccezionali e, infine, alla giornalista che le domandava se non credeva di mortificare se stessa, ha dato una risposta illuminante, dicendo che per lei prostituirsi non è una umiliazione, perché fa parte di un patto prestabilito, di un accordo stipulato sin dall’inizio tra le parti, mentre la vera umiliazione sarebbe lasciarsi coinvolgere in una relazione impegnativa sotto il profilo emotivo e poi venire abbandonati.

Questa dichiarazione mi ha fatto molto riflettere perché, al di là di Arcore, festini e bunga bunga, credo che la ragione che spinge molte donne “normali” a vendere il loro corpo sia proprio questa: la paura di avere una delusione in un rapporto, che sia affettivo o lavorativo, nel quale si sono investite tutte le proprie forze e i propri sentimenti.
Ecco allora che di fronte a questa prospettiva appare molto più semplice scoprirsi “escort”, indossare una maschera, una corazza capaci di proteggere dalle insoddisfazioni e dalle delusioni a cui la vita, inevitabilmente e, anche, fortunatamente, ci mette davanti. In questa veste, niente può far male, perché l’unica cosa che si investe è il corpo, l’esteriorità, non il cuore e l’essenza di una persona.

E poco importa se, nella paura di cadere in piccoli fallimenti quotidiani, si finisce per cadere nel fallimento più grande: l’annullamento di se stesse.

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